Ci sono progetti che spesso partono da lontano, iniziano, prendono forma, imboccano una strada, poi all’improvviso cambiano direzione e sbocciano definitivamente: è quello che è accaduto agli Afu, la band torinese che vi presentiamo oggi. Gli Afu sono nati nel 2004 e, dopo un percorso segnato dalla ricerca di un sound più evoluto e dall’immancabile cambio di formazione, sono giunti a una maturazione artistica sperimentata in numerosi concerti in giro per il Piemonte e oggi consacrata dal loro primo disco, “Great Weather No Crowds”, uscito a luglio scorso con l’etichetta Seahorse Recordings.
Dieci tracce dall’impronta alternative rock, per un album che unisce grunge a sonorità più acustiche e moderne, come ci ha detto Andrea Quaglino, chitarrista del gruppo, nel corso di “The Independence Play” sulla nostra radio.
Il risultato è un ottimo disco, dove non manca nulla: c’è la voce, ci sono cambi di registro interessanti e una certa potenza strumentale. Gli Afu hanno carattere, tecnica e sono cattivi. Ma in positivo. Il tempo è buono ma non ci sono folle, c’è poca gente: questa è la traduzione del titolo, quasi a dire che il mondo potrebbe essere migliore, se l’elemento umano fosse migliore. I testi sono essenziali, le atmosfere sono intime, a tratti molto cupe, ti ci puoi perdere ma senti sempre che in qualche modo è possibile dare spazio a una speranza.
In tutte le dieci tracce, i nostri musicisti sanno graffiare e raccogliersi in una lacrima. Tra queste alcune sono particolarmente significative, perché esprimono al meglio la musica di questa band. Peaceful, ad esempio, esplode in un urlo pieno e rancoroso che ci fa sentire gli Afu vividi e pieni. Ed è così che li preferiamo.
Basta poi un assolo all’inizio di Ballad for the sun per cambiare il ritmo e riportarci ad una armonia inaspettata. Tubero (the tale of how 365 days made a devolution), invece, risulta straziante nella sua complessa quiete. Mayan veil è il brano che convince di più, perché è accattivante e potente, ma anche dolce e rievocativa di gruppi rock storici come i Queens of the stone age o i Bush.
Questo album va ascoltato e assaporato preparandosi a improvvisi cambi di direzione, che riflettono anche la storia e l’evoluzione degli Afu. Questi bravi musicisti torinesi non hanno mai sbavature, né inciampano mai in banalità o trame scontate e sanno affrontare con maestria i vari stili, senza mai perdersi, passando dal garage, al crossover, al grunge. Sono bravi gli Afu e sono sicuramente da vedere dal vivo. Perché tanta potenza non può che colpire e farti saltare!
FrankaZappa -ilmegafono.org
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