Dopo due anni di intense indagini, la Guardia di Finanza di Brescia è riuscita a portare a termine l’operazione “Ring New”, nella quale sono stati arrestate ben 99 persone, mentre sono 196, in totale, gli indagati. Secondo gli inquirenti, un’organizzazione criminale albanese avrebbe venduto ingenti tonnellate di droga alle cosche mafiose italiane: nello specifico, tale organizzazione avrebbe avuto uno strettissimo rapporto con camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita.

Dalle carte dell’inchiesta è emerso che il clan albanese avrebbe introdotto fino a 5 tonnellate tra cocaina, eroina, marijuana e hashish: una quantità notevole che era pronta per essere venduta ai clan italiani, da tempo (soprattutto la ‘ndrangheta) attivissimi proprio nel nord Italia. Nello specifico, gli albanesi si sarebbero specializzati nell’acquisto della droga da Belgio, Olanda e Spagna e avrebbero persino creato diverse società per il trasporto della stessa. Trasporto che, a quanto pare, veniva realizzato caricando camper, camion e persino pescherecci (questi ultimi dall’Albania verso le coste italiane) e nascondendo la droga tra agrumi, prodotti ittici e tanto altro.

Insomma, quel che è emerso è un commercio ben avviato e portato avanti per troppo tempo dalla criminalità organizzata. Inoltre, dimostra, qualora ve ne fosse bisogno, l’internazionalizzazione della criminalità, con rapporti sempre più fitti tra mafie italiane e mafie con provenienti da diversi paesi: ciò significa, in poche parole, che la droga è il veicolo principale di soldi (sporchi, sia chiaro), potere e controllo territoriale.

Un problema, questo, che secondo le ultime inchieste e le recenti notizie pare sia sempre più grande e urgente soprattutto nel bresciano e in Lombardia in generale. A fine agosto, infatti, su alcuni organi di stampa era stato posto l’accento sul fatto che dall’inizio dell’anno vi erano stati già ben 80 arresti nella sola città di Brescia, e che a luglio la polizia aveva arrestato 9 persone sempre nell’ambito dello spaccio della droga.

L’anno scorso, invece, un’inchiesta della Guardia di Finanza milanese portò a conclusione un’indagine durata cinque anni in cui gli inquirenti riuscirono, tra le altre cose, a sequestrare 1 milione e 150 mila euro, oltre che diversi lingotti d’oro: il tutto appartenente a membri della cosca calabrese dei Ruga-Loiero-Metastasio di Monasterace (RC), da anni attivi nello spaccio della droga a Milano.

È chiaro, dunque, come gli interessi della mafia non siano principalmente basati al Sud, ma anzi molto più vasti: non è una novità, infatti, che, sebbene il territorio di partenza delle cosche e delle organizzazioni sia  ancora il Meridione italiano, le operazioni più importanti di matrice economica vengano poi spesso realizzate nelle grandi città e nelle aree decisamente più ricche (e spesso meno pronte, meno reattive).

Il Nord italiano ha ancora difficoltà a riconoscere il potere e la forza della mafia. Il problema è che, nonostante le diverse operazioni svolte nel corso di questi anni, le città al di sopra di Roma pare vengano avvolte da una sorta di coltre protettiva ogni qualvolta casi del genere spuntano fuori dalle pagine dei giornali (e dai tribunali). Una coltre che mostra e non mostra la realtà dei fatti e, se la mostra, beh, si dice che “non può che essere un abbaglio, un errore”.

Al di là di semplici battute, chissà che la nebbia, sempre meno frequente da quelle parti, non mostri, una volta per tutte, quel che succede anche lì, “persino” lì. Lo diciamo per il bene della gente comune, della gente che non ama scendere a compromessi; lo diciamo per il bene di quel valore che è la legalità a cui teniamo talmente tanto che non ce la sentiamo di fingere che tutto vada bene o addirittura dire che la mafia (sì, la mafia!) esista solo al Sud.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org