Dopo l’ondata di emozione e paura, successiva ai fatti di Parigi, la vita sembra essere tornata alla normalità quotidiana, alle cose di sempre. Il clima politico internazionale invece è incandescente, le grandi diplomazie si contendono zone e interessi, mentre in Italia il governo tranquillizza il popolo affermando che l’attenzione alla sicurezza è massima. È vero, c’è il Giubileo alle porte e i timori di un attentato sono sempre molto elevati, anche perché con rinnovata frequenza avvengono arresti e fermi di presunti terroristi un po’ in tutto il Paese. I media ne danno notizia, riuscendo anche a pubblicare frammenti di intercettazioni nelle quali si evidenzia la follia del progetto dei fondamentalisti. Questo, almeno, è ciò che è possibile sapere, ciò che appare e che si può dire. Ma c’è qualcosa che inquieta nella strategia antiterrorismo delle istituzioni italiane. Ci sono dei movimenti e delle azioni che lasciano perplessi e che sembrano imboccare una direzione particolare, quasi scostandosi in parte dal vero obiettivo.
Per evitare fraintendimenti, non si vuole mettere in dubbio l’intero lavoro delle forze dell’ordine e dell’intelligence italiana per quel che riguarda il contrasto a eventuali cellule terroristiche operanti in Italia, ma semplicemente ci si interroga sulla possibilità che l’allarme IS venga utilizzato da qualcuno, a livello centrale o nelle periferie dello Stato, per attuare con tutta tranquillità strategie repressive e illiberali nei confronti dei migranti, dei rifugiati e anche di coloro che da sempre si battono per il rispetto dei loro diritti e contro le storture burocratiche e le ottusità di governi, prefetture e questure.
Non è una tesi complottista o visionaria, ma deriva esclusivamente dai fatti che si stanno susseguendo in questi giorni, nel caos di un mondo distratto da altri temi. Il caso del blitz e della perquisizione al centro Baobab di Roma, con il rastrellamento di oltre venti migranti, tutti richiedenti asilo o rifugiati, è solo il punto più eclatante di una strategia pericolosa sulla quale, dall’alto, nessuno proferisce parola. Un’azione dimostrativa, priva di ragioni e di risultati utili nell’ambito della lotta al terrore, che lancia un segnale preciso e dal carattere intimidatorio a tutti coloro i quali operino nell’ambito dell’accoglienza. Lo dimostrano le parole del prefetto di Roma, Gabrielli, il quale, oltre a dirsi soddisfatto dell’operazione, annuncia che ce ne saranno molte altre simili, tese a identificare tutte le persone che passano da strutture come il Baobab.
In poche parole, pur senza un sospetto specifico (come ha ammesso lo stesso Gabrielli), si decide di fare un blitz contro degli esseri umani che hanno la sola colpa di essere migranti e di essere scappati dallo stesso nemico a cui dichiariamo guerra e dal quale vogliamo difenderci. Questo nonostante non ci siano legami accertati tra i rifugiati, coloro che arrivano attraverso il mare e i valichi di frontiera, e il terrorismo. Certo, nel post Parigi si è cercato di far passare questo messaggio, ma i fatti hanno poi smentito le tante notizie false diffuse dai media nel marasma di quei giorni convulsi. Eppure si continua a perpetuare questa equazione assurda, che viene utilizzata per passare sopra regole e buon senso. Ci sono molti punti oscuri in questa logica, che portano a chiedersi se anche i sospettati di terrorismo arrestati ed espulsi immediatamente (come ha mostrato un servizio de “Le Iene”) siano davvero tutti coinvolti.
Ci si augura che non si sia proceduto, in qualche caso, a operazioni rapide e prive di prove, giustificate magari dal clima isterico determinato dalla strage di Parigi. Il momento è delicato ed è forte il rischio che questa generale e sottintesa liceità, relativamente alle azioni volte al contrasto del terrorismo, possa ingolosire volontà repressive e restrittive delle libertà personali, in particolare nei riguardi di cittadini stranieri. Nella stessa direzione sembrano andare, in modo ancor meno ufficiale e subdolo, certe iniziative, certe attenzioni particolari verso chi si pone al fianco dei migranti e dei rifugiati nella conquista dei propri diritti e nella lotta alle ingiustizie compiute da uno Stato fortemente carente (o persino criminale) nell’ambito della gestione dell’accoglienza.
Così, oltre al caso del centro Baobab, possiamo registrare strane attenzioni (persino attraverso convocazioni non ufficiali) nei confronti di attivisti, ai quali vengono dispensati consigli “bonari” a non incorrere, anche in buonafede, in comportamenti e azioni che costituirebbero reati e determinerebbero l’intervento delle forze dell’ordine. Tutto ciò nonostante le azioni ipotizzate non siano reati ma anzi comportamenti tutelati e previsti dalla legge. Il clima non è certamente bello e il terrorismo sembra aver portato vantaggi notevoli a chi ha una visione reazionaria dell’Europa e dell’Italia.
Nella gestione dell’allerta terrorismo, qualcuno sta seriamente pensando, almeno questo è un sospetto piuttosto forte, di utilizzare lo strumento della paura dell’IS per risolvere in maniera brutale e repressiva la questione migranti, in particolare quella dei rifugiati che bussano alle porte del nostro continente, facendo leva sul consenso popolare e sull’appoggio (a volte attraverso il silenzio, altre volte attraverso l’enfasi) di un’industria mediatica perfettamente allineata. Al buio di questi tempi, si vuole dunque aggiungere altro buio. L’Europa dei “lumi” che l’hanno resa moderna sembra così essere un’icona ormai sbiadita nel tempo di secoli che non smettono, nemmeno per un attimo, di produrre orrori.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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