Fasciomafia. Un neologismo, una parola che in questi ultimi giorni ricorre molto. L’etichetta linguistica da apporre su un sistema che la maggior parte dei cittadini non immaginava. Almeno così dicono. Politica, imprenditoria e criminalità, tutti accomunati dal nostalgico amore per la camicia nera, la croce celtica e i busti del Duce. Tutti (o quasi) con un passato movimentato, come picchiatori o come appartenenti a forze eversive che hanno segnato l’Italia democratica a colpi di bombe, stragi di civili, omicidi politici, terrorismo, tentati golpe, il tutto sempre muovendosi lungo una linea che prevedeva anche il contatto e la collaborazione con la criminalità organizzata e con i poteri oscuri che da sempre minacciano la stabilità di questo Paese.
Un passato che è la smentita più evidente di quella mezza verità che da anni raccontano ai creduloni, circa la vocazione antimafiosa del regime fascista, affidata alla figura del “prefetto di ferro”, Cesare Mori, alla sua opera di pulizia in Sicilia con centinaia di arresti e duri colpi ai boss e alle loro famiglie (con metodi tuttavia più che discutibili che sono costati l’arresto anche a molti innocenti ed oppositori del regime). Una mezza verità che non si sofferma mai a spiegare che la scelta di Mussolini di combattere la mafia nasceva esclusivamente da un bisogno, fondamentale per un regime, di controllare il territorio e assoggettarlo alle proprie regole autoritarie, non certo dal desiderio di renderlo libero. Né ci si sofferma sul fatto che non fu un caso se la carriera di Mori venne fermata non appena egli iniziò a toccare gli esponenti di punta degli apparati fascisti, all’epoca collusi con la mafia.
Tant’è. Siamo un Paese che non ha memoria e conosce in parte o non conosce per niente la storia. Fatto ormai più che assodato ed evidente in numerose circostanze.
Eppure qualcuno si sorprende ancora o si presta alla disinformazione imperante. L’inchiesta su quel “mondo di mezzo” in cui si incontrano “quelli di sopra” e “quelli di sotto” e si mischiano in nome delle reciproche convenienze, ha fatto emergere un particolare per molti spiazzante: vale a dire che i criminali di stampo neofascista amano gestire i campi Rom e soprattutto i centri di accoglienza per migranti, specularci su, addirittura ritenendoli molto più convenienti del traffico di droga, come abbiamo ascoltato e letto in un’intercettazione. Vorrei sentirli adesso i “cittadini”, quelli di Tor Sapienza e non solo, gli energici camerata di Casa Pound e gli ultras di Forza Nuova, la Meloni e i suoi fratelli d’Italia a cui è legato Alemanno, ma anche i “neoromani” Borghezio e Salvini, così determinati ad aiutare le esasperate periferie della Capitale, sulle quali ormai tutti parlano e sproloquiano, senza alcuna verifica della realtà dei fatti, trasformandole in argomento da sala d’attesa dal parrucchiere (o da salottino-spazzatura della D’Urso) più che in tema istituzionale o realmente giornalistico.
Vorrei sentire tutta questa gente che ha dato addosso agli immigrati, che ha inventato reati da loro mai commessi, che si è presentata, armata, sotto un centro rifugiati dove risiedono ragazzini e uomini che hanno avuto il coraggio (loro sì) di sfidare la morte per guadagnarsi la vita e arrivare in una nazione nella quale, invece, gruppetti di “duri e puri”, come i loro esagitati aggressori fascisti, da sempre vivono da vigliacchi per coprire le proprie colpe, per tacere le responsabilità che i loro referenti politici hanno su quel degrado, su quell’abbandono precedente all’arrivo degli “stranieri”. Quando su queste pagine, mentre altri credevano alla favoletta dei poveri italiani civili e disperati, si scriveva che a Tor Sapienza stava andando in scena, con puntualità imbarazzante, un caos organizzato scientificamente dai veri responsabili, ossia da un miscuglio sovversivo fatto da estremisti di destra, simpatizzanti leghisti, delinquenti e una esigua quota di cittadini ignoranti, molto avvezzi a farsi strumentalizzare, lo si faceva non per sentito dire ma per piena consapevolezza.
Perché, tra l’altro, questa nazione si somiglia tutta, è composta da territori urbani che hanno fisionomie tristemente simili. E se le periferie le conosci e ci hai operato dentro, spingendoti nei suoi anfratti, sai che quella di indicare il bersaglio, il capro espiatorio, è una strategia non popolare ma politica. Il popolo, da solo, non cerca necessariamente capri espiatori in maniera organizzata, perché ha già il suo naturale, che è rappresentato dallo Stato, contro cui vomitare tutte le proprie frustrazioni (anche quelle legittime) e a cui assegnare tutte le responsabilità, persino quelle che invece sono del popolo stesso e che riguardano il suo senso civico e la sua educazione.
La strategia del bersaglio etnico è costruita esclusivamente dalla politica, che pompa odio e menzogne, in ciò sostenuta da un giornalismo di quart’ordine che si presta a realizzare il disegno suggerito da chi rincorre il potere e cerca di scalare posizioni. Un esempio, oltre alla vicenda di Tor Sapienza e del centro assaltato da militanti di forze che sui centri di accoglienza ci speculano in concorso con la mafia, è il caso della mai avvenuta aggressione a colpi di pietre, da parte di ragazzi Rom, contro due scuole romane. Il Messaggero, e non il gazzettino della Garbatella, ha diffuso una notizia totalmente inventata. Una cosa gravissima che ha prodotto un tam tam razzista sul web e successivamente una manifestazione dei neofascisti davanti a un campo Rom, impedendo ai bambini del campo di uscire per andare a scuola.
Il metodo è nazista e affonda le basi su una vecchia strategia che suggerisce di accusare il nemico, indicato da tempo come “nemico pubblico”, di un fatto grave ma mai verificatosi e poi di utilizzare i canali di comunicazione per diffondere la falsa notizia, in modo da chiamare alla mobilitazione le masse e i militanti inferociti. Hitler ci riusciva attraverso i giornali e le radio di regime, ossia quelli controllati da lui stesso, mentre qui in Italia, cosa ancor più inaccettabile, sono i giornali in apparenza liberi a prestarsi a questa tattica criminale. Provvedimenti? Nessuno. L’Ordine dei giornalisti ha la sveglia ancora rotta e continua a dormire di gusto. Intanto la fasciomafia prospera e sicuramente continuerà ad operare, nonostante gli arresti.
Perché quella che la magistratura romana ha scoperchiato e fermato è soltanto la punta di un iceberg che naviga negli abissi della nostra Repubblica, stipula patti, cura interessi, stabilisce priorità e gerarchie, procura protezioni e salvacondotti, con complicità che, come era facile immaginare, si trovano anche dentro le forze dell’ordine, gestisce rapporti di forza, impone regole e azioni, si nutre di un clima culturale che esso stesso produce e fomenta attraverso la manovalanza sociale e politica. Ciò che, purtroppo, non lascia ben sperare è che gli anticorpi di chi vive in superficie appaiono attualmente deboli e non sembra ci siano abbastanza luce e calore civile per sciogliere completamente quell’iceberg sul quale la nave dello Stato e della politica romana (e non solo) è andata miseramente a sbattere.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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