Da mesi, i riflettori di tutto il mondo sono accesi sulla crisi ucraina che ha fatto riemergere le tensioni tra Russia e Occidente e risvegliato i sentimenti indipendentisti di molte regioni del Vecchio Continente. L’ultima notizia, che per molti apre uno spiraglio di speranza nella soluzione della crisi, è la telefonata fatta ieri dal capo dello Stato russo, Vladimir Putin, al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. I due starebbero cercando di trovare una “soluzione diplomatica” sulla base di una proposta avanzata nei giorni scorsi da Washington. L’obiettivo principale del piano Usa è quello di evitare ulteriori focolai nelle regioni russofone dell’Ucraina orientale e meridionale. Se, però, a livello internazionale qualcosa si muove e si cercano vie d’uscita “diplomatiche” alla crisi, nell’ex Repubblica sovietica si stanno acuendo le divisioni tra la popolazione.
Le proteste e gli scontri avvenuti a Kiev, la deposizione del presidente Viktor Yanukovich e l’autoproclamazione dell’indipendenza della Crimea seguita al referendum del 16 marzo, hanno ormai creato fratture insanabili tra i sostenitori del nuovo governo e chi invece non rinuncia al legame con Mosca. Tra le persone che ora appoggiano il presidente ad interim Oleksandr Turchynov ci sono però anche ex sostenitori del partito di Yanukovich, come Aleksei, un informatico di 27 anni di Kharkov (la seconda maggiore città dell’Ucraina), che abbiamo intervistato per il nostro sito.
“Fino al 21 Novembre 2013, quando il governo ucraino ha deciso di interrompere i negoziati con l’Unione Europea, ero un sostenitore del ‘Partito delle Regioni’ e del presidente Yanukovich. Tuttavia, dopo questa notizia mi sono sentito veramente tradito e ho iniziato a sostenere il movimento filo-europeo”, racconta Aleksei. “La mia posizione politica è diventata critica (di opposizione) verso il governo. Personalmente non ho preso parte alle manifestazioni di piazza, ma le ho seguite passivamente con interesse e ho fatto delle donazioni per alcune campagne di sostegno. Ad esempio, per la tv ‘Hromadske’, la vera voce di Piazza Indipendenza”, aggiunge.
“Dopo il 21 novembre risultava chiaro a tutti che Yanukovich non aveva alcuna intenzione di firmare il patto d’associazione con l’UE anche se sotto la pressione dei manifestanti. Le richieste di Maidan Nezalezhnosti (Piazza Indipendenza) crescevano in risposta al comportamento del governo. Se in un primo momento tali richieste riguardavano il patto di associazione con l’ UE, successivamente, dopo le prime repressioni, abbiamo iniziato a chiedere le dimissioni del governo e così via”.
Aleksei non si aspettava che Yanukovich sarebbe caduto così velocemente. “Non mi aspettavo che sarebbe finita così presto. Ma la tensione stava crescendo costantemente ed era chiaro che qualcosa sarebbe dovuta accadere. La politica nelle ex repubbliche dell’URSS non segue sempre un filo logico. Non possiamo aspettarci qualcosa, perché l’ultima decisione è sempre presa da una sola persona, nel nostro caso da Yanukovich, nel caso della Russia da Putin. Gli altri membri del governo non hanno la possibilità di prendere decisioni, ma mi auguro che dopo la rivoluzione tutto ciò possa cambiare”.
Abbiamo chiesto ad Aleksei se ci siano stati effettivamente gruppi di estrema destra che hanno alimentato e guidato le proteste. “In effetti – risponde il giovane – delle organizzazioni estremiste hanno giocato un ruolo nelle manifestazioni di piazza e nell’intero processo (di caduta del governo), tuttavia, la maggioranza delle forze in piazza era costituita da gente comune. Passare ad una fase di radicalizzazione diventa un diritto morale, dopo che le nostre voci rimangono inascoltate e i nostri diritti permanentemente e illegalmente violati. L’escalation culminata con gli scontri ha portato, comunque, ad un risultato”.
Ma le forze estremiste “dovrebbero avere un ruolo nel nuovo governo”? Per Aleksej, i leader di “Settore destro” sono “molto moderati. Nessuno parla di antisemitismo, fascismo, ma si focalizza l’attenzione sullo sviluppo nazionale. Dmitro Iarosh (leader di Settore destro) e Oleh Tyagnibok (leader di Svoboda) sono dei politici completamente europei che capiscono ciò che è lecito dire o no. Dobbiamo criticare qualcuno perché è pronto ad agire con la forza e non solo a dichiararlo nei suoi discorsi?”.
Per Aleksei, però, “i due leader non sono adeguati a rappresentare realmente” i loro partiti, perché questa è una cosa che “deve essere stabilita secondo la legge ucraina”. Riguardo alle rivendicazioni separatiste della Crimea, l’informatico ucraino ritiene che l’attenzione non debba focalizzarsi su quella regione.
“Quella della Crimea – afferma – non è una questione di separatismo, ma di occupazione. È chiaro che gli eventi attuali non sarebbero possibili senza l’occupazione militare russa. Per me personalmente, però, non bisognerebbe focalizzarsi sulla Crimea come parte o meno dell’Ucraina. Il problema è che è in atto un tentativo di cambiare l’ordine internazionale e minacciare la pace in Europa”. Secondo Aleksei, “l’integrità territoriale dell’Ucraina è stata confermata da tre grandi paesi nel 1994: Russia, USA e Regno Unito. È chiaro che questa è stata violata. In teoria, gli altri paesi (USA e Regno Unito) hanno l’obbligo di proteggerci in caso di invasione di alcune regioni dell’Ucraina”. Aleksei ritiene che la comunità internazionale debba dare una risposta forte alla Russia.
L’Ucraina, secondo il nostro interlocutore, dovrebbe intraprendere il percorso verso l’UE. “Una futura adesione europea potrebbe contribuire allo sviluppo della nazione. Le condizioni socio-economiche in Ucraina non sono paragonabili a quelle dei paesi europei. Personalmente, lavoro nel settore IT e con la mia famiglia viviamo abbastanza bene, ma gli altri settori dell’economia, in generale, non sono così redditizi per i lavoratori. Gli ucraini che sono stati all’estero sono una piccola percentuale. Il resto, invece, può solo confrontare le sue condizioni di vita con quelle degli europei, basandosi solo su ciò che vede in televisione ed è quindi vulnerabile alla propaganda”. Per Aleksei, però, è ancora presto per parlare di “ingresso in Europa. Bisogna però guidare il paese verso gli accordi con l’UE”.
Giorgia Lamaro -ilmegafono.org
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