Un altro duro colpo è stato inferto a Cosa nostra. Questa volta è il clan Santapaola-Ercolano di Catania ad esser finito nelle maglie della giustizia, grazie all’operazione svolta dalle forze dell’ordine con ben 77 arresti eseguiti e tutti molto importanti. Si tratta, infatti, di uomini legati al clan mafioso etneo che avrebbero gestito per oltre venti anni il racket delle estorsioni nell’intero hinterland catanese imponendo il pizzo a diverse aziende o commercianti. L’accusa, infatti, è di associazione per delinquere di stampo mafioso, finalizzata allo spaccio di stupefacenti e, appunto, alle estorsioni.
Procediamo con ordine. Tra gli arresti figurano diversi esponenti di spicco che avrebbero “comandato” su alcuni quartieri catanesi o su paesi della provincia, tra cui Paternò, Mascalucia e Belpasso. Si tratta, insomma, di un’operazione molto vasta che mette quasi in ginocchio il clan. Tutto ciò è stato reso possibile dalle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Santo La Causa, ex reggente della cosca colpita, il quale, da qualche anno, ha deciso di parlare e di aiutare gli inquirenti. La Causa è, insomma, l’uomo che sta svelando il sistema di potere di Cosa nostra a Catania.
È grazie a lui, infatti, che nel corso degli ultimi 3 anni è stato possibile individuare diversi commercianti costretti a pagare il pizzo e arrestare numerosi esponenti colti in flagranza di reato. Oggi, però, le sue dichiarazioni hanno fatto un vero e proprio “botto”, perché non sarà facile per il potente clan catanese riorganizzarsi in fretta. Questo è ciò che si augura anche il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, che ha espresso tutto il proprio apprezzamento per l’operazione condotta dagli inquirenti.
Non bisogna nemmeno dimenticare il contributo fornito da quei commercianti che hanno deciso di dire no al pizzo e di denunciare una volta per tutte i propri estorsori. È anche grazie a loro che l’indagine ha avuto un buon esito. Come ha affermato lo stesso procuratore capo, quello ottenuto con questa indagine è “un risultato utile per fare capire ai cittadini che è possibile avere dei risultati positivi”. Ancora una volta la collaborazione tra cittadini e forze dell’ordine ha dato i propri frutti e non c’è altro esempio migliore per capire che si può vincere la sfida al crimine organizzato.
Al contrario, non può che suscitare rabbia e delusione un tipo di “collaborazione” opposta, sporca e indegna. Proprio nel corso dell’inchiesta “Fiori bianchi 2”, gli inquirenti hanno scoperto la collusione tra la mafia e un agente di polizia penitenziaria, Giuseppe Seminara. Il poliziotto, in servizio nel carcere catanese di Catania-Bicocca, avrebbe avuto un ruolo di fornitore e informatore per i boss, portando champagne, orologi, cellulari ed altri prodotti, oltre ad informare gli stessi boss su questioni importantissime legate al carcere.
Nonostante certe notizie risveglino il morale dei cittadini onesti e di chi crede nell’antimafia (e dunque nella giustizia), casi come quello del poliziotto colluso dimostrano che bisogna lavorare ancora molto, che il traguardo non è affatto vicino. E ben più lontano lo sarà finché tutti noi non respingeremo con forza ogni forma (anche la più piccola) di illegalità. Il lavoro svolto dalle forze dell’ordine è come quel sospiro che si prende nel momento in cui il pericolo è stato evitato: certo, siamo salvi, ma sappiamo che si è vinta una sola battaglia.
Operazioni del genere sono sì utili ed importanti, ma non bisogna mollare mai, non bisogna credere che adesso sia tutto finito. Al contrario, questo è il momento perfetto per sferrare il colpo micidiale. E speriamo che, prima o poi, questo colpo giunga per davvero. Fino a rendere il clan Santapaola un orribile ricordo.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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