Il sonno della ragione genera mostri. Niente di più vero in un momento di crisi politica ed economica come quello attuale. Il Consiglio di amministrazione di Ama, l’azienda municipalizzata di Roma per la gestione dei rifiuti, ha approvato pochi giorni fa un bando europeo per l’esportazione all’estero dei rifiuti in eccesso, almeno fino a quando non sarà possibile smaltirli direttamente sul territorio. Invece di puntare sulla gestione integrata dei rifiuti e sull’educazione ad un consumo sostenibile, il Comune di Roma ha scelto la via più rapida e onerosa, dopo l’ennesimo fallimento nel trovare un consenso sul sito della nuova discarica.
Così, mentre la discarica di Malagrotta, ormai satura, continua ad inghiottire immondizia, in barba alle procedure d’infrazione aperte dall’Unione europea, nella città eterna l’obiettivo della raccolta differenziata del 30% entro il 2012 si allontana sempre di più. Secondo il rapporto “L’Italia del riciclo”, promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti), la sola provincia di Roma porta in discarica quasi 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno, di cui oltre 1,3 milioni solo nel comune di Roma.
Il risultato è che la raccolta differenziata nella Capitale non supera la media del 26%, un livello infimo rispetto ad altre capitali europee. Il Comune di Roma, per altro, non è dotato degli impianti necessari per l’esportazione dei rifiuti: si tratta di macchinari, chiamati Stir, che lavano, selezionano, imballano, rilegano ed etichettano i rifiuti da caricare sulle navi. Ama, pertanto, ha pensato di spedire l’immondizia in altre regioni, come ad esempio la Campania che è dotata degli impianti Stir, per poi inviarli all’estero o agli inceneritori italiani in un secondo momento, con il rischio che le ecomafie possano mettere le mani sulle tonnellate di spazzatura provenienti ogni giorno dalla Capitale.
Eppure le proposte per rendere più efficiente la raccolta differenziata nella città di Roma ci sarebbero. Ne sono un esempio gli esperimenti avviati in alcuni quartieri con particolari forme di “raccolta porta a porta”, dove i risultati sono stati sorprendenti. La municipalizzata dei rifiuti, tuttavia, non ne ha tenuto conto negli ultimi piani lanciati per intensificare la raccolta differenziata.
Il progetto partito il 19 novembre scorso nel IV municipio di Roma ne è una dimostrazione. In questo quartiere si è pensato infatti di moltiplicare il numero dei cassonetti per la raccolta stradale, invece di puntare sulla raccolta porta a porta, con il risultato che, a quasi un mese dall’avvio, nulla sembra essere cambiato. I residenti “confusi” continuano a depositare i rifiuti “a casaccio”, le strade sono piene di cassonetti di grandi dimensioni e per di più scarseggiano i raccoglitori per l’organico. Se quindi l’obiettivo del 30% di raccolta differenziata entro il 2012 sembra ormai irrealizzabile, continuando così non sarà possibile raggiungerlo nemmeno nel 2016, quando la raccolta differenziata, in Italia, dovrebbe arrivare al 65%.
G.L. -ilmegafono.org
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