L’Italia è quel Paese nel quale, molto spesso, il grottesco e la realtà coincidono. Ed è una coincidenza che, purtroppo, non fa ridere. In questa malandata nazione, che si illude di essere grande ma si rivela molto spesso minuscola, può accadere perfino che un bravissimo giornalista, per il solo fatto di aver svolto con professionalità e serietà il proprio dovere, venga querelato da un magistrato. È quello che è successo qualche anno fa a Lorenzo Tondo, una delle firme più prestigiose del quotidiano britannico The Guardian, collaboratore in passato anche de l’Espresso, di Repubblica e del New York Times e da anni autore di inchieste importanti sulla crisi migratoria e sui diritti umani. La vicenda è assurda, per non dire surreale. Il cronista siciliano è finito nel mirino di un pm palermitano per aver scoperto un grave errore giudiziario che gli organi inquirenti italiani avevano commesso ai danni di un cittadino eritreo.

La vicenda è ormai nota: nel 2016, il falegname eritreo Medhanie Tesfamariam Berhe era stato estradato dal Sudan in Italia ed era stato arrestato e condannato a 5 anni di reclusione con l’accusa di essere uno dei capi del traffico internazionale di esseri umani. Berhe si professava innocente, ma non veniva creduto. Ed è lì che il lavoro prezioso, meticoloso, attento di Lorenzo Tondo si inserisce. Il giornalista ricostruisce la vicenda, andando a ritroso, fino a dimostrare, con prove e testimonianze, il grave errore giudiziario, ossia lo scambio di identità, quello che anche nel processo era emerso dalle audizioni dei familiari di Berhe e perfino della moglie del vero trafficante, ossia il generale eritreo Medhanie Yedhego Mered. Alla fine, il falegname Berhe viene scarcerato nel 2019, ma prima di essere rimesso in libertà viene fatto transitare nel Cpr di Caltanissetta, dove viene trattenuto in attesa di valutare la sua posizione in merito alla possibilità di ottenere protezione internazionale. Una scelta, compiuta in questo caso dai giudici di Caltanissetta, molto discutibile sotto diversi aspetti.

Ad ogni modo, Lorenzo Tondo aveva ragione e le sue ricostruzioni hanno permesso di riparare a un gravissimo errore giudiziario. Ci si sarebbe aspettati una nota di merito per il suo ottimo lavoro, e invece il giornalista siciliano si è visto recapitare, tra dicembre 2019 e gennaio 2020, una duplice querela per diffamazione: una per i suoi articoli pubblicati sul Guardian e una per un suo post su Facebook riguardante la vicenda. A querelarlo è stato il pm Calogero Ferrara, all’epoca titolare di quella inchiesta. Una denuncia surreale che fece indignare anche il Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei reporter, che si spinse a parlare di “intimidazione” nei confronti del giornalista. Peraltro, oltre alla querela, emerse che Tondo, durante il processo ai danni di Berhe, era stato intercettato dai giudici, mentre parlava con una sua fonte riservata e utile per smascherare l’errore di identità, e le conversazioni finirono agli atti, con grave rischio per la fonte stessa che, secondo la legge italiana, va sempre tutelata.

Insomma un grande pasticcio all’italiana, che avrebbe dovuto concludersi diversamente. In casi simili, infatti, non si pretendono le scuse del magistrato che compie un errore giudiziario, se ha agito in buonafede, ma quantomeno ci si aspetterebbe che non vengano messi sotto accusa coloro i quali hanno lavorato, con dedizione e professionalità, per ristabilire la verità e tutelare un innocente. Ma ormai è tardi, perché la vicenda che coinvolge Lorenzo va avanti e,in questi giorni, si arricchisce persino di un altro elemento grottesco e tutto italiano. Che fa urlare di indignazione, spingendo anche Assostampa e FNSI Sicilia a intervenire. Il punto è il seguente: poiché la parte lesa è un giudice di Palermo, il giudizio è di competenza del distretto di Caltanissetta, ed è stato quindi assegnato a un magistrato di quel distretto, vale a dire Calogero Cammarata. Sarà lui a giudicare Lorenzo Tondo.

Qual è il problema? Il problema è che Cammarata è lo stesso che ha disposto il trattenimento di Medhanie Tesfamariam Berhe, già assolto e vittima di un grave errore giudiziario, nel Cpr di Caltanissetta in attesa di stabilire il suo diritto alla protezione umanitaria, diritto che Berhe ha poi ottenuto. Insomma, Tondo dovrebbe essere giudicato da un magistrato che ha preso decisioni nei confronti della persona oggetto dell’errore giudiziario che lo stesso giornalista ha scoperto e per il quale è stato querelato da un altro magistrato. Un cortocircuito grave, una situazione inopportuna che preoccupa e non garantisce il giusto processo che si deve a qualsiasi cittadino italiano.

Assostampa e FNSI Sicilia, dunque, chiedono che “venga rivista questa assegnazione e che nelle more il giudice Cammarata si astenga per evidenti ragioni di opportunità”. Una richiesta alla quale ci uniamo, sperando che anche l’Odg nazionale intervenga per garantire che un giornalista, che ha agito nel rispetto della deontologia della professione e dei valori supremi dell’umanità e dell’etica, non subisca l’ennesima beffarda ingiustizia all’interno di una storia del tutto paradossale. È già inaccettabile, infatti, che Lorenzo Tondo si trovi coinvolto in una causa civile per aver scongiurato un grave errore giudiziario e, ancor di più, è il fatto che la sua sorte giudiziaria e il suo patrimonio personale siano legati alla decisione di chi, sulla persona oggetto di questa vicenda, ha in qualche modo giocato un ruolo importante.

Mi si conceda una chiosa personale: premesso che le querele per i giornalisti sono inaccettabili in linea di principio, in quanto sono un mezzo usato troppo spesso per intimidire e ridurre il diritto di cronaca, fa masticare davvero amaro il pensiero di quel che è stato fatto a un collega serio e preparato come Lorenzo, ancor più se lo si rapporta alla totale impunità di chi, da tempo, infanga invece la professione giornalistica, tra fake news, oltraggi razzisti, scondinzolamenti vari e marchette politiche, sulle prime pagine di quotidiani o dentro trasmissioni che hanno il sapore di un circo dell’orrore. È la contraddizione italiana, una delle tante e delle più odiose, il cortocircuito fra il Paese che dovremmo o vorremmo essere e quello che, purtroppo, realmente e maledettamente siamo.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org