Lo scorso 18 settembre la Camera dei Deputati ha approvato il cosiddetto “ddl sicurezza”, che introduce nuovi reati e inasprisce alcune pene e sanzioni, comprimendo lo spazio democratico. L’azione repressiva del governo contro i suoi cittadini e contro il dissenso, dunque, continua. Un governo, peraltro, che è il più a destra che la Repubblica Italiana abbia mai avuto. Su 38 articoli di cui si compone questo “capolavoro”, sono almeno 20 quelli che prevedono l’introduzione di nuovi reati, l’aumento di pene e sanzioni, interpretazioni più restrittive di alcune norme penali. Dai “raduni pericolosi” al reato che sanziona la gestazione per altri (una pratica, al momento, non legale nel nostro Paese), considerata reato universale. Dal nuovo reato di “occupazione arbitraria di immobile destinata a domicilio altrui” a quello di blocco stradale, trasformando un illecito amministrativo in illecito penale, per chi, anche per protestare per i propri diritti, interrompe il regolare traffico stradale e/o ferroviario.

Sempre in ambito di ordine pubblico connesso alla gestione delle manifestazioni, l’art. 24 inasprisce le pene per il reato di deturpamento e imbrattamento di beni pubblici. Si potrebbe andare avanti nelle “limitazioni” che questo ddl impone a chi protesta, ad esempio, contro chi comanda, contro leggi ingiuste, a favore della tutela dell’ambiente o contro le pessime condizioni in cui versano le carceri italiane (la “rivolta all’interno dell’istituto penitenziario” è un reato nuovo di zecca). La resistenza, anche passiva, all’esecuzione degli ordini impartiti prevede, ad esempio, la reclusione. Protestare legittimamente contro le condizioni in cui versano i centri per i migranti o contro la realizzazione di opere che deturpano o possono deturpare e/o inquinare l’ambiente, potrebbe essere un serio problema. In sostanza si rischia il carcere. L’art. 29 è invece una vera e propria norma anti-ong, andando in barba alle leggi già esistenti e aumentando pene e sanzioni. E ancora leggi contro l’accattonaggio, contro le borseggiatrici, contro la lavorazione e il commercio della cannabis.

Insomma, da un lato, questo ddl cerca di dare risposte alle pance indignate degli italiani, dall’altro lato, i nostri governanti approfittano di questa “indignazione” abilmente guidata da ministri come Matteo Salvini, per limitare le libertà dei semplici cittadini che protestano contro le ingiustizie. Se questo decreto diventasse legge dello Stato, entreremo ufficialmente nell’era della democrazia mutilata (lo è già per certi aspetti), dove buona parte delle azioni di protesta e contrasto a ciò che non va nel nostro Paese saranno vietate e punibili penalmente, con condanne sproporzionate. Non si comprende che i nostri codici contengono già delle sanzioni per alcuni reati e, quindi, non avrebbe senso inasprirli. Non un cenno, peraltro, a leggi che aggravano il reato di violenza e omicidio, nel caso in cui la vittima è tale solo perché di genere femminile o di orientamento omosessuale.

Al disagio sociale, alle preoccupazioni per il futuro del pianeta, all’opposizione contro le scelte sulle grandi opere inutili, il governo di Giorgia Meloni risponde con il manganello. Tutto questo mentre il ministro Nordio depenalizza il reato di abuso d’ufficio, mette il bavaglio alla stampa e lavora sulla separazione delle carriere mettendo i pubblici ministeri sotto il controllo governativo. Con queste riforme si dice sostanzialmente ai cittadini e ai più fragili di stare zitti e buoni e ai potenti di poter agire come vogliono. Il governo ha in mente una sola finalità: restringere sempre più l’area dei diritti e dunque della civiltà. Con queste riforme, infatti, si tutela il potere e non i diritti. Primo Levi scriveva: “Al fascismo di oggi manca soltanto il potere per ridiventare quello che era, e cioè la consacrazione del privilegio e della disuguaglianza”. Lo scrittore, partigiano e superstite dell’Olocausto, non sapeva, nel 1987, anno della sua morte, che il fascismo (o meglio, una sua versione rivista e aggiornata al contesto odierno) avrebbe ripreso, purtroppo, il potere.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org