Tante parole su ambiente e sostenibilità, tanti proclami ma, alla fine, si compiono sempre scelte politiche che vanno in direzione opposta. Le delegazioni degli Stati membri dell’Unione Europea, infatti, nella votazione del 16 novembre scorso (così come era già avvenuto nel precedente voto di ottobre), non hanno raggiunto la maggioranza qualificata necessaria a vietare l’uso del glifosato dentro i confini dell’UE. Diciassette i voti a favore del rinnovo dell’autorizzazione che scade il 15 dicembre, tre quelli contrari, sette gli astenuti, tra i quali Germania, Francia e Italia, con quest’ultima che a ottobre aveva addirittura votato a favore. In questo modo, gli Stati europei hanno scelto di non decidere, lasciando tutto nelle mani della Commissione Europea, che entro il 15 dicembre dovrà rinnovare per altri dieci anni l’uso del glifosato. Tutto ciò in barba al principio di precauzione secondo cui, qualora non fosse possibile stabilire se un’azione possa provocare danni al pubblico o all’ambiente, e se non esiste ancora un accordo scientifico sulla questione, tale azione non deve essere messa in atto.
Secondo numerosi studi e relazioni di esperti, il glifosato ha effetti nocivi per l’ambiente e per la salute della fauna e degli esseri umani. Nel 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS ha definito questo composto chimico, presente in vari erbicidi molto diffusi (come il pericoloso diserbante Roundup), come “probabilmente cancerogeno”. Tuttavia, l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha recentemente stabilito che non è possibile rilevare con certezza rischi per gli esseri umani, gli animali o l’ambiente tali da impedire l’autorizzazione dell’erbicida.
Come ha sottolineato Greenpeace, protagonista di una lunga battaglia per la messa al bando del glifosato, “all’inizio di novembre, la Rete europea di scienziati ENSSER ha espresso serie riserve sulla proposta della Commissione Europea di rinnovare l’autorizzazione per il glifosato”. “Secondo l’ENSSER – prosegue Greenpeace – proponendo di autorizzarne nuovamente l’uso, la Commissione non ha applicato il principio di precauzione, poiché non ha tenuto conto di tutti gli effetti negativi segnalati in merito all’impiego di questo erbicida”. Sempre Greenpeace, commentando la notizia, ricorda che esiste una ricerca sul glifosato e connessioni con il morbo di Parkinson, pubblicata sulla rivista medica Lancet lo scorso 7 novembre, secondo cui, sulla base di studi sugli animali, potrebbe esserci “un collegamento tra il rapido aumento dei casi di morbo di Parkinson e l’esposizione all’erbicida”. Inoltre, lo studio sottolinea anche “l’inadeguatezza delle attuali normative sui pesticidi per proteggere la salute del cervello”.
A fronte di tutto questo, gli Stati membri, con pochissime eccezioni, continuano ad andare avanti sull’uso del glifosato. La Commissione europea ha già fatto sapere che, seppur con nuove condizioni e restrizioni, rinnoverà comunque l’accordo, facendo esultare la Bayer, multinazionale che produce questo potente erbicida e che, nel 2018, ha acquisito la Monsanto. La votazione del 16 novembre da parte dei delegati degli Stati membri ha suscitato la reazione di Greenpeace che, per voce di Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura della sezione italiana dell’organizzazione ambientalista, ha commentato così: “Questo è un giorno triste per l’Europa, poiché si è persa l’occasione di vietare un erbicida che comporta rischi per la salute ed effetti tossici sull’ambiente che non possono più essere ignorati. Il governo italiano ha ora il dovere di fare il possibile a livello nazionale per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente dal quale tutti noi dipendiamo”.
Un auspicio che assomiglia più a un’utopia, se si considera che l’Italia, un mese fa, aveva votato per il rinnovo e, due settimane fa, si è astenuta. In ogni caso, Greenpeace, che attraverso una petizione aveva raccolto oltre 120 mila firme di persone che chiedevano di non rinnovare l’autorizzazione al glifosato, ha annunciato che continuerà “a lavorare affinché la nostra salute e la protezione dell’ambiente vengano prima dei profitti di pochi”.
Redazione -ilmegafono.org
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