“Le mafie si adattano al mondo digitale come fosse un nuovo territorio di conquista”: è questo l’allarme lanciato da Antonio Nicasio, saggista ed esperto di ‘ndrangheta, durante l’evento “Music for Change”, organizzato dall’associazione Musica contro le Mafie. L’iniziativa, che ha avuto luogo a Cosenza la scorsa settimana, ha visto protagonisti diversi esperti della questione mafiosa e studiosi del collegamento tra quest’ultima e il mondo digitale. Stando agli ultimi studi, infatti, tra cui il recente rapporto pubblicato dalla Dia, a seguito della pandemia e sin dal primo lockdown, da Covid, le mafie sarebbero sbarcate su internet in maniera perentoria e prepotente. Proprio in quel periodo buio per il mondo intero, i clan riuscivano addirittura a spacciare e a fare affari attraverso la rete. Un cambiamento, questo, che non si è affatto arrestato con la riapertura e la fine della pandemia e che sembra aver contribuito a moltiplicare il giro d’affari criminale e illegale.
Il fatto che la criminalità organizzata abbia deciso di intraprendere la strada del digitale non significa che l’aspetto territoriale e “tradizionale” della stessa venga meno. Al contrario, secondo lo stesso Nicaso, questa nuova identità mafiosa “non andrà a soppiantare la realtà fisica, ma diventerà estensione del core business” delle mafie stesse. Non solo internet come lo conosciamo oggi: c’è ovviamente il metaverso tra gli interessi più accesi dei clan mafiosi, un mondo ancora in divenire e per certi versi poco conosciuto, ma che rappresenterà ben presto una realtà dalle mille opportunità (anche illegali). E poi ovviamente ci sono le “piattaforme di comunicazione criptate e persino il darkweb”, a dimostrazione di una capacità incredibile di “cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale”.
Dello stesso avviso è Marcello Ravveduto, docente di Public History, il quale, nel corso di un incontro su “rigenerazione e futuro”, ha posto l’attenzione sulla capacità della mafia di usare strumenti quali i social media e, grazie a essi, pubblicizzarsi e raggiungere le masse. “Social come Tik tok – afferma Ravveduto – vengono utilizzati come una vetrina, trasformano in idoli i boss e trasmettono messaggi ideologici e identitari”. Non solo: proprio a causa dei social media, il rischio di emulazione sarebbe molto elevato, soprattutto per via del contenuto dato in pasto a questi strumenti, tra cui video “lanciati addirittura dalle celle delle carceri come se fosse un reality, video dei colloqui con i familiari e video dai domiciliari”. Insomma, se è vero che viviamo in un mondo sempre più connesso alla rete (difficile immaginarlo diversamente, siamo onesti), allo stesso tempo bisogna fare i conti con una realtà che è spesso più difficile di quel che i social ci vogliono mostrare e che addirittura nasconde delle presenze pericolose e nocive per la società, soprattutto per le giovani generazioni.
Il caso del cantante neomelodico Niko Pandetta è solo uno dei tanti: arrestato per rissa, “l’artista” si era reso noto sul web per aver dedicato una canzone allo zio in carcere, famigerato esponente del clan catanese dei Cappello. Come fare per arginare un fenomeno che rischia di diventare sempre più radicato? Secondo Nicaso, bisogna “svecchiare i protocolli di indagine per muoversi meglio in questo spazio”. E quindi fare proprio come fa la mafia: aggiornarsi, vivere e conoscere le novità di una realtà sempre più digitale e, soprattutto, capire che anche nell’etere è possibile agire in maniera del tutto illegale. Questa, ovviamente, non è certo una sorpresa né una notizia dell’ultima ora: gli inquirenti di tutte le procure d’Italia sono a conoscenza della realtà digitale e di come la mafia cerchi di muoversi all’interno della rete dei sistemi interconnessi.
Oggi, però, la sfida consiste soprattutto nel restare costantemente aggiornati anche da un punto di vista giuridico e, quindi, sotto l’aspetto delle pene e dei provvedimenti da attuare. Probabilmente sarà necessario rivedere tanto di quanto è stato costruito nel corso degli ultimi anni e aggiornarlo con termini, processi e meccanismi che fanno sempre più parte della nostra vita. Altrimenti, il rischio che si corre è di restare perennemente indietro, oggi ancor più di ieri (data la velocità con cui le cose cambiano su internet), e regalare sempre più spazio e terreno a quelle organizzazioni criminali assetate di soldi, che hanno gli strumenti per anticipare le mosse e ingrassare il loro potere.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
Commenti recenti