Nella settimana in cui l’Italia si è resa ancora una volta protagonista, in negativo, di un episodio a dir poco sorprendente (l’invito di Bruno Vespa nei confronti del figlio del boss Totò Riina, Salvo, in occasione della presentazione del suo libro), c’è spazio anche per qualche notizia positiva, grazie a chi la mafia preferisce combatterla e “ospitarla” dietro le sbarre invece che in uno studio televisivo. La notizia in questione è l’arresto di 7 esponenti di Cosa nostra molto vicini a Leo Sutera, boss del mandamento appartenente a Sambuca di Sicilia e in carcere dal 2012, a sua volta fedelissimo del latitante Matteo Messina Denaro.

Il Tribunale di Palermo, in collaborazione con i carabinieri del Ros di Agrigento, ha portato a termine un’indagine durata 7 anni, fatti di duro lavoro e intercettazioni molto consistenti e di difficile realizzazione. Dai dati dell’inchiesta, infatti, sono emersi diversi fattori che dovrebbero far riflettere sulle modalità d’azione delle cosche mafiose e sul modo in cui queste riescano (o almeno provino) a raggirare le trappole delle forze dell’ordine.

Nello specifico, infatti, i fedelissimi di Sutera erano soliti incontrare il boss in aperta campagna, lontano dalle vie di città e di paese, ed erano in continuo movimento: in poche parole, alle classiche riunioni attorno a un tavolo, gli arrestati preferivano una “tranquilla” chiacchierata tra i campi. Tutte precauzioni, queste, che hanno reso difficile il lavoro degli inquirenti e che dimostrano come i clan mafiosi sappiano come muoversi.

Le intercettazioni video realizzate dalle forze dell’ordine mostrano la presenza di una fitta collaborazione tra gli esponenti e il boss, ma quel che più interessa agli inquirenti è l’effettiva connessione tra il Sutera e il super latitante Denaro; secondo gli stessi, tra i due boss sarebbero avvenute delle comunicazioni attraverso i classici “pizzini” e ciò sarebbe avvenuto proprio durante le “riunioni campestri”. Insomma, il boss Sutera si sarebbe avvalso di questa cerchia ristrettissima di fedeli non solo per comunicare loro le azioni da intraprendere, ma soprattutto per mantenersi in contatto con il ben più importante e ricercato Messina Denaro.

Quanto sia potente questa collaborazione tra i due non è ancora del tutto chiaro; quel che è certo, però, è che al di là dell’importantissima operazione realizzata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, l’immagine del neo borgo più bello d’Italia (Sambuca, per l’appunto) rischia di macchiarsi fin troppo presto, anche a causa di stupide e mediatiche banalizzazioni e generalizzazioni. Ricordiamo che i criteri d’ammissione e di classificazione previsti riguardano storia, bellezza, risorse e non la presenza o meno della criminalità organizzata all’interno o nei pressi del borgo prescelto (altrimenti in tutta Italia sarebbe difficile trovarne uno immune dalla convivenza forzata con le mafie).

Pertanto, pensiamo fortemente che un premio così importante per il comune e per la Sicilia in generale non debba in alcun modo esser sminuito a causa della presenza di elementi poco affini alle bellezze architettoniche e culturali presenti. Crediamo, insomma, che Sambuca meriti di meglio, che resti il borgo più bello d’Italia per quel che ha da offrire e che tutto quel che c’è di marcio venga estirpato ed eliminato una volta per tutte.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org