Del crescente potere criminale della ‘ndrangheta abbiamo parlato la settimana scorsa (leggi qui), soffermandoci, in quell’occasione, sul controllo che le cosche criminali calabresi sono riuscite ad imporre sul territorio laziale e, nello specifico, su quello romano. La relazione della DIA in merito al I semestre del 2022 ha tracciato uno scenario che non lascia spazio a interpretazioni: la ‘ndrangheta non solo è sempre più forte, ma è allo stesso tempo sempre più radicata in ambito economico, politico e sociale. Un dominio che non riguarda, però, solo  i territori d’origine o, come abbiamo visto, Roma e il Lazio. Secondo quanto emerso dalla stessa relazione, infatti, i clan calabresi estendono il loro potere in tutto il Paese.

Tra le regioni più colpite. come è noto, risalta la Lombardia, con Milano a fare da protagonista, ma vi sono anche il Piemonte, la Liguria e, come già accennato qualche tempo fa, persino il Trentino Alto Adige. Tutto ciò non fa altro che confermare come la ‘ndrangheta sia, a oggi, “l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza, con mire che interessano quasi tutte le regioni”. Nella relazione, inoltre, si accenna alla presenza di ben 46 gruppi criminali soltanto nel Nord, a dimostrazione di un radicamento massiccio e già ben strutturato. Secondo gli inquirenti, tale potere di infiltrazione e influenza sarebbe dovuto a anche una “grave crisi valoriale che interessa ampie fasce di amministratori locali, funzionari della pubblica amministrazione e operatori economici che, sensibili al fascino del facile guadagno, si rendono disponibili a comportamenti collusivi e a pervasive pratiche corruttive”.

Ciò non stupisce se è vero che, solo grazie all’aiuto e alla connivenza di tutte quelle figure professionali, politiche e manageriali, le mafie possono fare affari. Ed è proprio appoggiandosi a chi governa, a chi “gestisce” (che si tratti di pubblico o di privato), che i clan possono districarsi tra le maglie della società e dell’economia e infilarsi lì dove non dovrebbero né potrebbero farlo. Ma il potere della ‘ndrangheta non si limita all’Italia. Nella relazione della DIA, infatti, si legge come il raggio d’azione delle ‘ndrine si sia ormai allargato anche all’estero e, nello specifico, al Vecchio Continente. Gli affari, infatti, coinvolgerebbero numerosi Paesi come Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania, Bulgaria e Malta, senza ovviamente dimenticare tutte quelle nazioni del Sudamerica storicamente “fruttuose”: Colombia, Perù, Argentina.

Insomma, un vero e proprio reticolo di relazioni commerciali, politiche e finanziarie da far rabbrividire. Vista così la cosa, risulta evidente come la criminalità organizzata in quanto tale non sia un nemico da sconfiggere esclusivamente in Italia, né un problema prettamente locale. Spesso, purtroppo, si compie l’errore di pensare che la lotta alle mafie (e in questo caso specifico alla ‘ndrangheta) sia qualcosa di cui si debba occupare soltanto l’Italia. Un problema geograficamente collocabile. La realtà, invece, è ben diversa e il report della DIA non fa altro che confermarlo: la criminalità organizzata, proprio per la sua capacità di stringere relazioni e per quel forte interesse a espandere i propri affari e il proprio potere, non può fare a meno di guardarsi intorno, anzi di guardare altrove, in altri mercati, e di stringere, se serve, vere e proprie “collaborazioni” mafiose, veri e propri cartelli con sistemi criminosi di altri contesti.

Pensare che tutti gli altri Paesi siano immuni da questo male non solo è sbagliato, ma è con ogni probabilità ciò che l’ha maggiormente avvantaggiata e, stando ai dati, continua a farlo. Oggi più che mai, quindi, è importante una collaborazione internazionale che parta da un riconoscimento del carattere extraterritoriale delle mafie e che si basi su punti comuni, normative adeguate e coerenti e su modalità di repressione mafiosa simili, se non identiche tra loro. Non si può più aspettare: è fondamentale che il problema “mafie” diventi un problema europeo e poi mondiale. Solo così potremo davvero pensare di contrastare in maniera più efficace il fenomeno e le sue infiltrazioni che inquinano la politica e l’economia ad ogni livello e in ogni parte del globo.

Giovanni Dato -ilmegafono.org