Il governo presieduto da Giorgia Meloni ha dato il via libera alla eliminazione di norme e vincoli legislativi o amministrativi imposti, finora, agli appalti pubblici. Un provvedimento che, nonostante il fastidio della nostra italica premier verso le parole “straniere”, può essere definito sostanzialmente come l’introduzione di una deregulation negli appalti. A sentire il governo, questa deregolamentazione servirebbe per fare andare più spediti i cantieri pubblici e dare maggiore libertà ai sindaci di affidare i lavori alle imprese, con la possibilità di lasciare progettazione ed esecuzione ad un’unica azienda, con l’aumento dei subappalti. Il Consiglio dei Ministri del 29 marzo 2023, su proposta della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha approvato con modifiche, in esame definitivo, il decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78.
Nell’ambito dell’attuazione del PNRR, la riforma del codice degli appalti rappresenta una delle scadenze di rilevanza europea del primo trimestre 2023, ossia una scadenza vincolante per la ricezione dei fondi da parte dell’Europa. Questa “riforma” servirebbe, a sentire il governo, a “fare in fretta” per ottenere i fondi europei, aumentare l’occupazione e dare maggiore impulso alle attività edilizie legate agli appalti pubblici. A seguito di ciò i commenti e le riflessioni del mondo economico, politico, intellettuale e dell’antimafia non sono mancati. Non va mai dimenticato, infatti, che il nostro è un Paese tutto sommato piccolo ma con una potente criminalità organizzata estesa su tutto il territorio nazionale. Rischiare di dare il “via libera” alle mafie o consegnare l’idea di oltrepassare i controlli e le verifiche da parte dello Stato, che dovrebbe essere garante di trasparenza e legalità, diventa un rischio troppo grosso.
“Bene l’impulso alla digitalizzazione degli appalti del nuovo Codice. Attenzione, però, a spostare l’attenzione solo sul ‘fare in fretta’, che non può mai perdere di vista il ‘fare bene’. Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo codice non hanno trovato tutta l’attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee”, dichiara Giuseppe Busia, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. In tutta Italia e in alcune regioni in particolare, stando così le cose, si potranno facilmente consegnare le chiavi dei cantieri alle mafie. È questa invece la preoccupazione dei sindacati Cgil e Uil.
E in Sicilia, dove non c’è un numero sufficiente di ispettori per i controlli nei cantieri (al contrario del numero esorbitante di dipendenti regionali), il provvedimento del governo nazionale, si trasformerà in una pericolosa perdita di diritti e tutela. Questa è la denuncia delle due confederazioni sindacali. “Evidentemente il ministro Salvini non sa o fa finta di non sapere cosa voglia dire lavorare in Sicilia o al Sud – tuona Piero Ceraulo, segretario degli edili palermitani della Cgil -. In Sicilia c’è un tessuto imprenditoriale legato anche alla criminalità organizzata, che senza gare e controlli non troverà più alcun ostacolo e finirà per mettere le mani sulle risorse”. Certo lascia pensare il fatto che il ministro Salvini, la premier Meloni e questo governo nel suo insieme sbraitino quotidianamente contro i migranti, mentre tacciono o addirittura si mostrano superficiali nei confronti delle mafie.
“La riduzione dei tempi non ha nulla a che fare con la trasparenza: in questo modo non si favorisce lo snellimento delle procedure, ma l’illegalità”, tuona Francesco Pinto, procuratore aggiunto di Genova. Su Il Fatto Quotidiano, Pinto definisce “una truffa delle etichette” le misure su appalti e fisco annunciate dal governo: “Favoriscono un sistema criminogeno, sono un aiuto alle mafie”. Con questa “riforma” il 98% degli appalti pubblici verrà infatti sottratto ai controlli, al mercato, alla libera concorrenza. Proprio mentre stanno arrivando ingenti somme dall’Europa (se arriveranno), si decide di lasciare mano libera ai profittatori che potranno agevolmente infiltrarsi. “Non so cosa altro serva per indignarsi – scrive Giulio Cavalli su Left – oltre a Matteo Salvini che esulta per essere riuscito a includere negli appalti anche imprenditori indagati, imputati, a processo o condannati con patteggiamento (anche definitivo) per bancarotte, reati tributari, societari e urbanistici, corruzioni, traffici di influenze, turbative d’asta o frodi in pubbliche forniture. Dice Salvini che escluderli sarebbe da ‘sistema sovietico’. Li sentite i bicchieri tintinnare mentre questi brindano?”.
“Le nuove mafie – spiega invece Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo, esperto di strategie di lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione – puntano da qualche tempo sugli appalti pubblici. I Comuni sono la parte più vulnerabile e quella più facile da infiltrare. Sfrondare il codice degli appalti in questo modo significa imbandire la tavola dove siederanno i mafiosi per lucrare e lo faranno persino legalmente. L’ultima relazione semestrale presentata dalla DIA al Parlamento ha illustrato come le organizzazioni criminali guardino agli appalti pubblici come una risorsa economica per incrementare i loro guadagni. Ben vengano le semplificazioni per aiutare amministrazioni pubbliche e imprese private, ma ben altro significa affidare direttamente, senza gara, i lavori fino a 500mila euro. In questo modo il sistema non solo non funzionerà meglio, ma si farà un regalo alle mafie favorendo anche la corruzione. Aggiungendo a ciò i subappalti liberi, il disastro sarà totale”.
Rocco Chinnici, magistrato che istituì il pool antimafia, assassinato nel 1983, il 29 luglio, scriveva: “La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione della ricchezza. Prima era il feudo da difendere, ora sono i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che percorrono il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza. La mafia stessa è un modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una complicità, un riscontro, una alleanza con la politica pura, cioè praticamente con il potere. Se lei mi vuole chiedere come questo rapporto di complicità si concreti, con quali uomini del potere, con quali forme di alleanza criminale, non posso certo scendere nel dettaglio. Sarebbe come riferire della intenzione o della direzione di indagini”.
Le parole di Chinnici, oggi, con questa “riforma”, con questa destra al governo, suonano inquietanti e creano apprensione e grande preoccupazione. In questo momento storico non possiamo fermarci, non possiamo stare zitti, non possiamo “riposare” per riflettere. La lotta alle mafie e a chi cerca di favorirle deve andare avanti in modo più deciso, senza tregua. Perché altrimenti si torna indietro di decenni.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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