La questione legata ai permessi per i boss di mafia detenuti in carcere è tornata alla ribalta negli scorsi giorni. Il tutto è nato subito dopo che il governo Meloni ha varato il famoso “decreto Rave”, uno dei decreti e degli impegni legislativi che ha fatto più discutere negli ultimi anni. Ancor di più se, proprio grazie a questo decreto, che mette in discussione la norma sull’ergastolo ostativo”, il rischio che oltre 5 mila detenuti, una buona parte dei quali boss e affiliati, possano uscire anticipatamente dal carcere può diventare realtà. Cosa sta succedendo o, meglio, potrebbe succedere nello specifico da qui a breve? Cerchiamo di analizzarlo nel dettaglio.

Circa un anno fa, su queste pagine avevamo già approfondito la questione inerente all’ergastolo ostativo. In poche parole, tale norma fa sì che i detenuti sottoposti al regime di 41bis non possano avvalersi di specifici benefici a cui i detenuti “ordinari” possono accedere, tra cui la libertà vigilata a partire dal 26esimo anno di reclusione. Si tratta a tutti gli effetti di una norma piuttosto dura e che, proprio per questo motivo, ha spinto l’Unione Europea a esprimersi in maniera contraria poiché violerebbe la Carta dei diritti dell’uomo. Certo, non concedere a prescindere specifici “benefit” nei confronti di chi ha sbagliato in passato, può sembrare una pena piuttosto eccessiva, lontana dal principio rieducativo al quale si ispira l’ordinamento.

Ma qui parliamo di soggetti che hanno commesso reati molto gravi e ai quali certi benefici possono essere concessi nel caso decidano di redimersi e di collaborare con lo Stato. Quando si cita il 41bis ci si riferisce spesso a boss di mafia, esponenti di spicco della criminalità organizzata o terroristi. Parliamo insomma di soggetti che rappresentano un pericolo serio per il Paese. Un Paese minacciato costantemente dalla presenza massiccia di ben quattro mafie autoctone.  Alla luce di quanto detto, quindi, appare evidente come l’ergastolo ostativo possa invece risultare utile in casi come questi. Peccato che tutto ciò potrebbe saltare in aria da un momento all’altro. Come accennato, infatti, il famoso decreto Rave prevede, tra le altre cose, la possibilità di accedere a diversi benefici penitenziari pur senza che il condannato abbia collaborato con la giustizia.

Ovviamente esisteranno ancora dei paletti in grado di evitare che a tale misura possa accedervi chi ha legami con la criminalità organizzata, ma il rischio di scarcerazione anticipata rimane. Un’esagerazione? Non proprio. A pochi giorni dal varo del decreto, infatti, circa una settantina di istanze sarebbero già state presentate ai Tribunali di sorveglianza. Inoltre, secondo il Procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, gli interessati sarebbero 5mila, la stragrande maggioranza dei quali già condannati per reati di mafia. Qualora dovesse venir meno la norma sull’ergastolo ostativo, quindi, tali istanze potrebbero diventare realtà e vedere la scarcerazione di individui che non attendono altro che tornare in libertà per riprendere in mano i loro affari.

A tal proposito, negli scorsi giorni, è stata messa in atto una sorta di intesa tra forze dell’ordine, PNA e diversi uffici giudiziari territoriali. Tale intesa, nello specifico, ha portato alla realizzazione di un protocollo il cui scopo è principalmente quello di scongiurare che eventuali permessi penitenziari rimettano in circolo elementi mafiosi di spicco e, quindi, che questo causi un precedente sociale e politico imbarazzante e pericoloso. Il protocollo, che è stato già inviato al capo della Polizia, ai comandanti generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, al capo del Dap, al direttore della Dia e ai presidenti dei Tribunali di sorveglianza, è adesso al vaglio e ci si aspetta che venga ufficializzato a breve. Nel frattempo, lo stesso Melillo avrebbe già predisposto la creazione, presso il sistema informativo digitale (Sidna), di cartelle nominative contenenti i dati di terroristi e mafiosi. Un tentativo deciso di contrastare un male (quello mafioso) che non ha certo bisogno di aiuti dall’alto, né di permessi premio.

Giovanni Dato -ilmegafono.org