Le strade diventano sempre più pericolose per i ciclisti. Gli incidenti mortali per chi si allena o si sposta in bicicletta sono ormai una triste consuetudine, una vera e propria emergenza, basti leggere le cronache nazionali di cui sono spesso protagonisti ciclisti vittime di incidenti stradali. A lanciare l’allarme è la FIAB, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta che, insieme a Clean Cities, Kyoto Club e Legambiente, ha pubblicato il dossier “Non è un paese per bici”. L’indagine sottolinea la necessità di adeguare le città italiane agli standard europei per le piste ciclabili, i cui chilometri andrebbero quadruplicati. La legge di Bilancio 2023 messa su dal governo Meloni è uno schiaffo alla sicurezza dei ciclisti, perché azzera le già scarse risorse destinate alle piste ciclabili, mentre gli investimenti sulla mobilità inquinante, come le automobili, rimangono tali, 100 volte superiori rispetto a quelli destinati alle biciclette.
La petizione lanciata da CleanCities, inoltre, si propone di fare una chiara richiesta al governo, come si legge sul sito: “Chiediamo al Governo e al Parlamento italiano di ripristinare immediatamente i fondi per la ciclabilità, e di prevedere un programma di investimenti di 500 milioni di euro l’anno da qui al 2030. In totale si tratta di appena il 3% di quello che gli ultimi tre governi hanno già messo a bilancio in bonus auto e infrastrutture spesso superflue. E il costo annuale per le casse dello Stato sarebbe meno di un decimo di quanto l’Italia ha già speso per ridurre il costo di diesel e benzina alla pompa – una misura che produce benefici sei volte più grandi sia per i ricchi che per i poveri”.
La Fiab ha ripercorso l’ultimo mese in termini di sicurezza, anzi, insicurezza stradale per chi si sposta in bicicletta, e, oltre al taglio di 94 milioni di euro previsto dalla manovra, sono gli incidenti più recenti a lasciare sgomenti. Ha colpito come un fulmine a ciel sereno la morte di Davide Rebellin, campione di ciclismo ucciso da un camion mentre si allenava in strada, così come la morte di Manuel Lorenzo Ntube, di appena 16 anni, un giovane calciatore che amava la bicicletta. È morto mentre faceva un giro, travolto da un automobilista che inizialmente non si era fermato a prestare soccorso. Davide e Manuel Lorenzo sono soltanto due nomi, i ciclisti morti in un anno sono almeno 220.
Spesso si legge di distrazioni, di biciclette senza luci e disattenzioni del ciclista come cause mortali, ma perché imputare le responsabilità sempre alle sole vittime? Un malcostume che si ripete costantemente in tanti, troppi ambiti della nostra quotidianità. L’appello della Fiab e di Clean Cities, che si sono anche riunite il 13 dicembre davanti al ministero dei Trasporti in segno di protesta, deve essere accolto presto dal governo, perché questa tragedia costante non è silente. Sono le istituzioni, forse, a essere sorde al loro richiamo.
Virago -ilmegafono.org
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