Prima sindaca donna di una grande città italiana. Prima in assoluto in Italia a presiedere un Ordine provinciale dei medici. Lei, pediatra all’Ospedale dei bambini “Di Cristina”, a Palermo. Prima donna, in politica, a combattere la mafia, a difendere l’utilizzo del denaro pubblico per la sua città e per l’interesse generale e non per i partiti o per singoli e loschi individui, collegati, direttamente o indirettamente, a cosa nostra o agli “amici degli amici”. Questa donna, dimenticata o comunque troppo poco ricordata, si chiamava Elda Pucci. Era nata a Trapani, nel 1928, sorella della scrittrice Evelina Pucci e cugina della pittrice Carla Accardi. Ha vissuto nella sua Sicilia fino alla morte, avvenuta diciassette anni fa, il 14 ottobre 2005, a Palermo, città di cui era stata sindaca.

“Qui sotto i nostri occhi sta prendendo forma, senza che ce ne accorgiamo, un sistema molto più grande del passato, in cui i soldi creano altri soldi e tutti là dentro ci vogliono mangiare. Sotto i nostri occhi sta prendendo forma un compromesso, in cui la politica, sì, la politica e il palazzo non sono più argine ma garanzia e nel mezzo, noi, nel mezzo, la gente, nel mezzo, la città. Ci sono i miliardi della droga che si impastano come la calce, come la colla, coi miliardi dello Stato. Lo Stato, sì, che anche lui paga per governare e … tutto si impasta come la calce, come la colla, come la calce, come la colla, come la calce, come la colla … La nostra storia inizia qui, semplicemente dove tutto si impasta e non capisci più niente”.

A volte, per spiegare le cose, dovremmo solo cercare le parole. Trovarle. Infine dirle, ad alta voce. È quello che Stefano Massini ha fatto. Ha cercato le parole, le ha trovate e le ha fatte dire, a voce alta, ad una delle più grandi attrici italiane, Ottavia Piccolo. Se riuscissimo a spiegare cosa nostra come ai bambini, tutto, probabilmente, sarebbe diverso. Eppure le parole più semplici, a volte, sono quelle più difficili da trovare. Pensi e ripensi, ti struggi, perché hai il timore che quelle parole non arrivino o non possano essere comprese. Quelle parole, alla fine, grazie al teatro, arrivano ed è come un brivido. Ottavia Piccolo, nel “Come spiegare cosa nostra ai bambini”, non interpreta Elda Pucci, la racconta. La racconta sotto al lampadario talmente grande che se cade ci ammazza tutti, guardando case, palazzi, terrazze e panni stesi, in una sala grande con i mobili scuri. Come dentro una casa dei vicoli di Palermo.

La racconta nel suo anno, anzi meno qualche giorno, da sindaco di Palermo, primo sindaco donna di una grande città, e lo fa con un trasporto ed un’emozione talmente intensi da tenere la platea quasi ipnotizzata. Un’opera teatrale che gira l’Italia, accompagnata dai solisti dell’Orchestra multietnica di Arezzo; un teatro necessario, civile, in cui il racconto dell’etica passa attraverso le parole. Ottavia Piccolo racconta di come a Palermo, il 19 aprile 1983, per la prima volta nella storia della città, una donna, Elda Pucci, la Dottoressa, è eletta sindaca. Racconta poi di come, sempre nel mese di aprile di un anno dopo, il giorno 13, Elda Pucci, la Dottoressa, è sfiduciata. Racconta infine di come a distanza di ancora un anno, sempre ad aprile, il 20, la casa di Piana degli Albanesi di Elda Pucci salta in aria spinta da due cariche di esplosivo.

Nel prima, nel mezzo, nel dopo, lì dove tutto si impasta come calce, come colla, i miliardi dell’eroina, gli omicidi del generale Dalla Chiesa, di Michele Reina, di Piersanti Mattarella, di Pio La Torre, di Giuseppe Fava e ancora il cemento di Vito Ciancimino, gli Inzerillo, i Badalamenti, i Buscetta e Totò Riina. “Chiddi forti, chiddi no e chiddi di più”. E la città di Palermo che, per la prima volta, durante il breve mandato di Elda Pucci, la Dottoressa, si costituisce parte civile in un processo di mafia. Quando si oppose al sistema le dissero “tu sei pazza”. Lei resistette, sola. Tutto ciò le costò l’aggressione del mondo mafioso e l’estraniazione dal mondo politico: “è il fatto amaro della mia vita”, ripeteva. Elda non se ne fece mai una ragione: ricandidata al comune di Palermo venne aggredita, la sua villa saltò in aria col tritolo, ma il mese dopo, nonostante fosse stata premiata con una valanga di voti, la Democrazia Cristiana la mise definitivamente da parte. La sua testimonianza di impegno e di valore, filtrata da un’attenta ed intelligente analisi su persone ed avvenimenti, si traduce oggi in saggezza profonda e libertà intellettuale.

“Da persona che vive a Palermo assisto ad una scarsa capacità di dare il meglio da parte della classe politica; che però viene scelta dalla società civile più per interessi opportunistici, per motivi affaristici o privati che in base a forti valori condivisi”, affermava in una delle sue ultime dichiarazioni. La Dottoressa, diciassette anni fa, se ne andava in punta di piedi. Sì, la Dottoressa, perché “a noi donne in ospedale non ci chiamavano dottoressa, ma signorina. Così, un giorno, decidemmo di non rispondere. Fino a quando non cominciarono a riconoscerci come dottori”.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org