È il 27 giugno 1980. Sono le 20.59 di un venerdì di inizio estate. Il volo di linea IH870 della compagnia Itavia, partito dall’aeroporto di Bologna e diretto all’aeroporto di Palermo, viene coinvolto in un misterioso “incidente” e l’aeromobile (un DC-9) si inabissa nel mar Tirreno, nel tratto compreso tra le isole di Ponza e Ustica. L’arrivo era programmato per le 21.15. Sembrava non ci fossero problemi: il DC-9 viaggiava regolarmente, con a bordo 81 persone: 64 passeggeri adulti, 11 ragazzi tra i due e i dodici anni, due bambini di età inferiore ai 24 mesi e 4 uomini d’equipaggio. Durante il volo non viene segnalata nessuna anomalia, ma poco prima delle 21, appunto, del DC-9 si perdono le tracce radar. La mattina dopo, i giornali di tutto il Paese riportano notizie della tragedia e si cominciano anche a fare le prime ipotesi sulle cause del disastro, al quale nessuno dei passeggeri e dei membri dell’equipaggio sopravvisse.
Come riportato nel sito del Museo della Memoria di Ustica: “Passano i giorni; la lettura dei giornali ci permette di capire le prime inquietudini: ‘Il silenzio delle autorità alimenta i sospetti di una collisione. Forse i radar della Nato hanno ‘visto’ la tragedia del DC 9 scomparso in mare’, ‘Il DC 9 Itavia aveva strutture logore oppure è stato investito da ‘qualcosa’”. A quarantadue anni dalla strage, vari aspetti dell’incidente non sono ancora chiariti in maniera compiuta, a partire dalla dinamica stessa. Diverse ipotesi sono state formulate nel corso del tempo riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell’incidente. La più accreditata e accettata con valenza in sede penale e risarcitoria riguarderebbe un coinvolgimento internazionale, in particolare francese, libico e statunitense: il DC-9 si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile, probabilmente lanciato dai francesi o da un aereo della Nato, per colpire un aereo libico.
Un’altra pista battuta, anche se meno accreditata, è stata quella dell’attentato terroristico, con un esplosivo all’interno dell’aeromobile. Tuttavia, le indagini sui resti dell’aereo, escluderebbero questa ipotesi. Secondo il giornalista Andrea Purgatori, che segue l’inchiesta fin dal 1980 e al cui lavoro si è ispirato Marco Risi per il suo film “Il muro di gomma”, si conferma lo scenario che vede il DC-9 al centro di un’azione di guerra che coinvolge aerei americani, francesi, italiani e libici. Uno scenario che da 42 anni si cerca in tutti i modi di insabbiare. Pertanto, sembra che non vi fossero solo aerei militari stranieri in combattimento, ma anche quelli italiani.
“I magistrati – spiega Purgatori – sulla base di nuove testimonianze, hanno collegato le tracce radar di due aerei militari che decollano o atterrano dalla base di Grazzanise, vicino Caserta, a quelle che dalla zona in cui transitava il DC-9 portano in mare, quindi su una portaerei. Per cui la base di Grazzanise è diventata il punto cruciale delle indagini. Noi italiani siamo pesantemente coinvolti nella strage”. Il giornalista ricorda inoltre un incontro che ebbe, negli anni ‘80, con Paolo Borsellino, all’epoca procuratore a Marsala, dove si trova una stazione radar militare coinvolta nelle indagini. “Trovai Borsellino furibondo. Mi raccontò di aver richiesto il registro delle presenze nella base di quel 27 giugno 1980 quando avvenne la tragedia. Prima gli dissero che non si trovava più, poi gliene fecero avere uno palesemente falso. Allora esplose: ‘Se è necessario io in quella base ci entro con l’esercito’. Pochi giorni dopo l’inchiesta fu trasferita a Roma e quindi Borsellino non riuscì più a proseguire le sue indagini”.
Nel Museo per la Memoria di Ustica, a Bologna, l’installazione permanente di Christian Boltanski circonda i resti del DC-9 abbattuto quel maledetto 27 giugno 1980. Come riporta il sito del Museo: “Le 81 vittime della strage sono ricordate attraverso altrettante luci che dal soffitto del Museo si accendono e si spengono al ritmo di un respiro. Intorno al velivolo ricostruito, 81 specchi neri riflettono l’immagine di chi percorre il ballatoio, mentre dietro ad ognuno di essi 81 altoparlanti emettono frasi sussurrate, pensieri comuni e universali, a sottolineare la casualità e l’ineluttabilità della tragedia. 9 grandi casse nere sono state disposte dall’artista intorno ai resti riassemblati del DC-9: in ognuna di esse sono stati raccolti decine di oggetti personali appartenuti alle vittime. Scarpe, pinne, boccagli, occhiali e vestiti che documenterebbero la scomparsa di un corpo, rimangono così invisibili agli occhi dei visitatori. Solo le loro immagini sono state ordinatamente impaginate da Boltanski nella ‘Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH870’, una pubblicazione che, coinvolgendo lo spettatore direttamente nella memoria dell’avvenimento, lo vede protagonista nella ricostruzione della verità”.
Una verità che i familiari delle vittime, dopo 42 anni, stanno ancora aspettando, come quella sera del 27 giugno 1980 aspettavano che l’aereo atterrasse per accogliere i passeggeri con un abbraccio, con un sorriso, con una carezza. E viene in mente allora un poesia di Gregorio Scalise, del 1994, dedicata proprio alla strage di Ustica:
I passeggeri che vanno a Palermo
godono l’arco del volo
di una giornata serena
forse laggiù è accaduto qualcosa
Punta Raisi ci aspetta
i giorni sono come perle di una collana
avvitata al collo di quelli
che sono scomparsi
niente come il mare
ricopre di azzurro il silenzio,
quelle piccole incrinature della storia
che ogni tanto appaiono nei giorni tranquilli
un errore, una faccenda di uomini stanchi.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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