Che la mafia allunghi i propri tentacoli e con essi lentamente strangoli tutti i settori della “res pubblica” non è purtroppo una novità. Così come non è certo insolito, sfortunatamente, sentir parlare di amministrazioni “sciolte per mafia”. Accade, più o meno di frequente, che i comuni vengano sciolti e commissariati per ingerenze malavitose, nonostante, a voler ben vedere, si tratti di eventi davvero deplorevoli e che quindi dovrebbero essere rari. Eppure alcune amministrazioni riescono comunque a “distinguersi” e a balzare agli onori della cronaca per il grado di contaminazione raggiunta. È il caso del comune di Torre Annunziata, il cui monitoraggio da parte degli inquirenti ha avuto un impatto assai destabilizzante, equiparabile all’apertura di un vaso di Pandora malavitoso.
Ciò che è emerso da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, lo scorso febbraio, e che è stato recentemente confermato anche da una relazione del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, è che a Torre Annunziata la politica era in uno stato di totale soggezione rispetto alla camorra. In seguito al corposo filone di indagini, gli inquirenti sono riusciti a stabilire che nel comune campano, che era già stato oggetto di un medesimo provvedimento di scioglimento nel 1993, la camorra spadroneggiava anche a causa dell’“inerzia dell’amministrazione comunale”. Inerzia non imputabile esclusivamente ad una sorta di “paurosa sudditanza” bensì, come sembra ragionevole desumere dai dati raccolti dagli inquirenti, ad una vera e propria volontà collaborativa.
Volto apicale e fulcro degli stretti rapporti tra amministrazione e clan locali, secondo gli investigatori, sarebbe stato Salvatore Onda, dipendente della società partecipata dei rifiuti “PrimaVera”, cognato di un consigliere comunale e nipote di Umberto Onda, esponente di spicco del clan Gionta, attualmente in regime di detenzione. Secondo la relazione del Viminale erano numerosi gli amministratori del comune campano a poter vantare legami familiari e frequentazioni con esponenti della camorra, e non pochi i pregiudicati. Inoltre le indagini hanno fatto emergere una generalizzata condizione di illegalità in svariati settori dell’amministrazione cittadina. Emergono anche alcune ombre sulla figura dell’ex sindaco, Vincenzo Ascione, attualmente indagato per concorso esterno in associazione camorristica.
Da alcuni episodi emergerebbe infatti un suo atteggiamento di soggezione e collaborazione con i clan cittadini, in particolar modo la relazione prende in esame un avvenimento della precedente legislatura quando Ascione, testimone di un’aggressione compiuta da un dipendente comunale, vicino agli ambienti malavitosi, ai danni di un collega, non si presentò all’udienza disciplinare impedendo, di fatto, l’accertamento del comportamento illecito. Ascione, però, nei mesi passati, ha più volte difeso il proprio operato sino a dichiararsi indignato da queste accuse infamanti.
Sarà la giustizia a dare ragione o torto all’ex sindaco, che ha tutto il diritto di respingere le accuse, ma ciò che è certo è che, in seguito a questo scioglimento, il comune di Torre Annunziata resterà affidato al commissario e non sarà interessato dalle elezioni amministrative del prossimo 12 giugno. È auspicabile che il periodo di commissariamento basti ad instillare nella classe politica locale un nuovo approccio e nella mente degli elettori una nuova scala di valori. Che si impari, non solo a Torre Annunziata, a fare una selezione più accurata quando nelle urne si barra il nome di chi deve amministrare la propria città, in modo che le future amministrazioni possano essere meno ambigue, più dignitose ed efficienti. Evitando così di incorrere nuovamente in un provvedimento che macchia la storia della città.
Anna Serrapelle- ilmegafono.org
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