Sponsorizzare eventi culturali e artistici per costruirsi una immagine green: questa è l’accusa che Greenpeace muove a ENI e alle altre aziende del gas e del petrolio. Il recente concerto del 1° Maggio a Roma, di cui ENI era tra gli sponsor principali, è stata l’occasione per l’organizzazione ambientalista di ribadire il proprio no a una pratica che viene definita “greenwashing” e che già in passato è stata vietata alle multinazionali del tabacco. Le attiviste e gli attivisti di Greenpeace, infatti, hanno portato tra il pubblico, presente in piazza San Giovanni, una ventina di palloni giganti in lattice biodegradabile che riportavano la scritta “ENI inquina anche la musica!” e l’immagine del simbolo dell’azienda che sputa fuoco sul Pianeta.

Greenpeace definisce “propaganda tossica” quella di ENI, accusandola di “sponsorizzare concerti ed eventi culturali per mostrarsi come azienda attenta all’ambiente quando in realtà continua a puntare fortemente sul gas e sul petrolio che, oltre a devastare il clima, alimentano guerre e conflitti in tutto il mondo”. Da una indagine effettuata da Greenpeace a ottobre 2021, con il gruppo di ricerca DeSmog (leggi qui), era emerso che il 55% delle pubblicità online di ENI fosse catalogabile come greenwashing. Secondo l’associazione ambientalista, inoltre, da quando è iniziato il conflitto russo-ucraino, ENI ha spinto ancora di più sul fossile, cercando di assicurarsi nuove riserve di gas da fornitori diversi dalla Russia, invece di puntare sulla decarbonizzazione del Paese.

Il greenwashing è un tema sul quale Greenpeace da tempo ha avviato un’azione di informazione e contrasto, sostenendo che “la pubblicità ingannevole delle aziende del petrolio e del gas dovrebbe essere vietata e non trovare spazio nel mondo della musica, della cultura e dell’informazione, così come da anni è vietata la pubblicità delle aziende del tabacco. Anche qui c’è in ballo la salute: quella del Pianeta e di chi lo abita”. Un’azione, quella di Greenpeace, non isolata né solitaria. Sono più di 30, infatti, le organizzazioni insieme alle quali si stanno raccogliendo firme “per chiedere una legge europea che vieti le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende dei combustibili fossili e che fermi l’inganno dei finti messaggi green diffusi dai responsabili della crisi climatica”.

“Se entro ottobre – afferma Greenpeace in una nota – la nostra petizione ‘Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti’ raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine a queste operazioni ingannevoli”. Si può sostenere questa campagna volta a fermare il greenwashing, firmando la petizione (clicca qui).

Redazione -ilmegafono.org

 

Protesta di Greenpeace al concertone del 1° maggio a Roma (foto di Francesco Alesi – Greenpeace)