Solo qualche giorno fa, la BBC ha reso pubblica la lista delle 100 donne più influenti al mondo del 2021 (leggi qui tutti i nomi), donne che, per il loro impegno, sono considerate messaggere di valori profondi. La metà delle donne citate in questa lista sono di origine afghana, un riconoscimento del coraggio e della forza che queste donne devono dimostrare in una terra in cui la vita è stata sempre particolarmente difficile e, dall’agosto scorso, lo è ancora di più. Dopo l’abbandono delle truppe americane e l’insediamento dei talebani al governo, infatti, la vita delle ragazze, delle donne afghane, è cambiata drammaticamente. È stato vietato loro di ricevere l’istruzione secondaria, di praticare sport, di imparare musica da un maestro uomo, è stato impedito anche di tornare a lavorare ed è stato sciolto il Ministero per le questioni femminili.
Per la maggior parte di noi queste donne sono sconosciute, ma il loro impegno e il loro coraggio dovrebbero essere un esempio per tutti. Ci sono la poetessa Lima Aafshid, l’attivista Muqadasa Ahmadzai, l’attrice Leena Alam, la libraia Wahida Amiri, l’insegnante Pashtana Durrani, la studentessa Rohil, la giornalista Anisa Shaheed e, infine, Malala Yousafzai, la più giovane a ottenere il Premio Nobel per la pace. C’è anche un altro nome che dovremmo ricordare ed è quello di Shamsia Hassani. Conosciuta come la prima street artist afghana, Shamsia Hassani, a partire dall’agosto di quest’anno, è stata protagonista di una campagna di solidarietà sui social che, poco dopo l’invasione dei talebani a Kabul, ha reso i suoi lavori virali.
Un collage di alcuni dei suoi graffiti, infatti, è stato condiviso più e più volte con questo messaggio: “Sono opere di un’artista afghana, si chiama Shamsia Hassani. Se ci aiutate a farle girare e conoscere sarà come dare voce a lei e alle donne afghane che stanno vivendo l’inferno, grazie!”. Le immagini che rimbalzavano da un profilo all’altro raffiguravano donne faccia a faccia con ombre oscure e oppressive. Con gli occhi chiusi, prive di bocca, il capo coperto da un burka trasparente ed avvolte da abiti blu, le donne di Shamsia, le ragazze di Kabul, affrontano i combattenti armati con fierezza e paura e nutrono la speranza di un domani migliore, un domani dove la loro terra sia nuovamente libera. Immagini commoventi da cui emerge il terrore che l’ombra di un regime violento esercita in un paese indicato già nel 2013 come il più pericoloso per le donne.
Shamsia Hassani, prima di questo recente riconoscimento, era già stata nominata (nel 2014) dalla rivista Foreign Policy una dei 100 migliori pensatori globali. Inoltre, nel 2017, è comparsa tra le 100 donne raccontate nel best-seller “Storie della buonanotte per bambine ribelli 2”. Shamsia è nata in Iran da genitori afghani nel 1988. Non potendo proseguire gli studi in Iran (le sue origini lo impedivano), nel 2005 è rientrata in Afghanistan, dove ha studiato alla Fine Art dell’Università di Kabul. Per la stessa università recentemente era diventata una delle più giovani docenti di belle arti e professore associato di Disegno e disegno anatomico. Nel 2010 ha partecipato a un workshop di Street Art tenuto a Kabul dall’artista inglese CHU, Da allora Shamsia ha scelto di esprimersi attraverso i graffiti in strada, perché in “strada l’arte può raggiungere tutti. Può far riflettere”, soprattutto in un paese come l’Afghanistan dove non tutti possono permettersi di visitare mostre a pagamento.
Così questa brava artista inizia a dipingere delle figure femminili sui muri delle strade di Kabul per parlare con il suo popolo e lottare per i diritti delle donne afghane. In una lunga intervista, pubblicata nel 2014 nella rivista Art-Radar, ha dichiarato: “Voglio dimostrare che la donna afghana è tornata nella società in una forma nuova e più forte. Non è la donna che rimane a casa. È una donna nuova, una donna piena di energia che vuole ricominciare. Voglio che le persone guardino alle donne in modo diverso, ora”.
Ma Shamsia quando lavora per strada affronta anche la paura di essere scoperta e di subire violenza da chi non apprezza l’impegno di una donna in attività di questo tipo. Spesso deve agire in fretta. Per questa ragione alcune delle sue opere in strada sono rimaste incomplete e, per la stessa ragione, altre opere sono state distrutte: troppo scomode in una terra dove la donna continua a non avere riconosciuti gli stessi diritti degli uomini ed è costretta a tenere gli occhi bassi e la bocca chiusa. Da quando gli americani hanno lasciato l’Afghanistan – anche se più spontaneamente verrebbe da dire abbandonato – e i talebani hanno iniziato la loro avanzata verso Kabul, il profilo Instagram di Shamsia Hassani si è popolato di immagini più tristi, più cupe, un grido di aiuto silenzioso ma potentissimo. Le protagoniste sono sempre le sue donne, le ragazze di Kabul che, avvolte dai loro abiti azzurri, piene di grazia e dignità, immerse in una città ormai grigia e tetra, stringono tra le mani un palloncino a forma di cuore, una pianola o un fiore di tarassaco, simboli dell’amore, della musica e della libertà. Simboli di tutto ciò di cui sono state private.
Nell’opera dal titolo “The 3rd world”, pubblicata nel suo profilo Instagram il 19 ottobre 2020, ci ha colpito particolarmente il modo in cui Shamsia racconta come sia cambiato il clima in Afghanistan dopo l’abbandono delle truppe americane. Una banconota da un dollaro americano è interpretata come il sipario di un teatro. Una donna, fiera ma molto triste e questa volta vestita di nero, muove quel “drappo” scoprendo la scena che si svolge alle sue spalle. Il nostro sguardo si apre verso un ideale palcoscenico animato da carri armati e colonne di fumo, guarda la disperazione di una città ormai sotto assedio. Un’opera profondamente evocativa.
Questa coraggiosa artista afgana oggi si è dovuta rifugiare in un luogo sicuro per evitare ripercussioni violente e potenzialmente fatali da parte dei talebani ma, come tante delle sue amiche e sorelle afghane, continua a dare voce alle donne della sua terra, chiedendo al mondo intero di non lasciarle sole. La lista pubblicata dalla BBC tiene un riflettore acceso su donne così coraggiose. Nella speranza che l’impegno e l’arte di Shamsia Hassani ridisegnino un futuro diverso per una terra ripiombata nell’ombra, riportiamo quanto Shamsia ha dichiarato in un video pubblicato da Freeda nel 2017: “Voglio colorare i muri della mia città e coprire i brutti ricordi della guerra, perché sui muri ci sono ancora i segni della guerra. L’Afghanistan è famoso per la guerra, io voglio renderlo famoso per l’arte”.
Come Shamsia, anche noi vogliamo affidare ad un soffione questo suo desiderio, farlo nostro e fare in modo che, soffiandoci su, i semi di una nuova pace possano raggiungere la sua terra non così lontana dalla nostra.
Serena Gilè -ilmegafono.org
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