Il 27 luglio, a Milano, si è tenuta una cerimonia in ricordo del 28° anniversario della strage mafiosa di Via Palestro. L’attentato, che venne realizzato attraverso un’autobomba posizionata davanti al Padiglione d’arte moderna della città, uccise cinque persone e sconvolse profondamente il capoluogo lombardo e l’Italia. Fu uno dei momenti drammatici della strategia stragista di cosa nostra e, probabilmente, di apparati deviati dello Stato. La commemorazione è stata l’occasione per fare il punto sulla presenza mafiosa a Milano e sulla situazione attuale in generale. Quanto e cosa è cambiato dal 1993 a oggi? Milano può ritenersi immune o comunque meno vulnerabile rispetto al virus tossico delle mafie?
Secondo Beppe Sala, sindaco del capoluogo, la situazione appare decisamente più grave di quel che si pensa. “La lotta di Milano contro la criminalità organizzata – ha detto intervenendo alla commemorazione – non è finita, perché dopo la stagione stragista del 1992-93 i mafiosi si sono nascosti nell’economia libera, radicandosi in modo profondo e occulto”. “Oggi – ha continuato Sala – la mafia è radicata nell’economia ed è più minacciosa che mai”.
Parole che non fanno sperare in nulla di buono, soprattutto perché a fargli eco è stata anche Alessandra Dolci, procuratrice aggiunta a capo della Dda milanese, che proprio in questi giorni, su Repubblica, ha rilasciato un’intervista allarmante. La mafia dei nostri giorni, ha detto la procuratrice, “ha sempre di più ha una vocazione imprenditoriale: si impegna in attività illecite di natura economico finanziaria, dall’evasione fiscale alle frodi dell’Iva, dalle bancarotte fino a tutta una serie di reati societari”. Ciò significa “che hanno il supporto di professionisti che indicano quali sono le strade da percorrere per creare degli articolati sistemi di frode e di evasione fiscale”. “Questo – ha aggiunto – potrebbe accadere anche nel caso degli aiuti europei”.
Purtroppo, la cronaca dimostra in maniera inequivocabile questa presenza mafiosa sempre più tentacolare e capillare. Prendiamo alcuni fatti accaduti nelle ultime settimane. Prima di tutto la chiusura del bar “The Diamond”, in pieno centro, sequestrato in seguito ad alcune indagini della Dia che avrebbero accertato come la proprietà dell’esercizio fosse di una prestanome vicino alla cosca palermitana Fontana. Poi il caso ancora più assurdo del funerale in memoria di Pasquale Emilio Sarcina, boss potentissimo della ‘ndrangheta, al quale avrebbero partecipato figure di spicco della mafia del Nord Italia e che si sarebbe svolto con tanto di palloncini e striscioni di elogio. Scene già viste in altre realtà, scene tipiche di ambienti e località apparentemente distanti dalla realtà milanese, ma che proprio per questo provano quanto la mafia faccia pienamente parte del tessuto culturale e sociale del Settentrione.
Tuttavia, dinnanzi a questi fatti e al quadro allarmante che viene fuori dalle dichiarazioni di Sala e della procuratrice Dolci, per fortuna ci sono degli anticorpi civili a dare speranza e a testimoniare la possibilità di un risveglio, di una reazione pari a quella che c’è già stata in altre regioni e città. Da diversi anni, infatti, Milano e i milanesi hanno dato forma a una coscienza “antimafiosa”, un vero e proprio grande movimento di contrasto alla criminalità che ha visto e tuttora vede protagonisti giornalisti, artisti, politici e cittadini comuni.
Da Giulio Cavalli e Giuseppe Catozzella, che con spettacoli, inchieste, libri hanno denunciato le mafie a Milano e in Lombardia, passando per la Statale di Milano con Nando Dalla Chiesa, le lezioni sulle mafie agli studenti del nord, a tanti altri giornalisti e scrittori e alle associazioni locali che tanto hanno fatto per la riqualificazione di quartieri (come ad esempio Quarto Oggiaro) che erano lasciati all’incuria, all’abbandono e al controllo da parte della criminalità, e che oggi sono rinati a vita nuova. Insomma, c’è ancora tanto da fare, a Milano così come in tutta Italia. Ma c’è una risposta. E bisogna ripartire proprio da qui, da chi ha coscienza, da chi non chiude gli occhi e la bocca. Da chi sa che a Milano esiste un problema mafioso da sempre e che va affrontato con determinazione e tenacia. A viso aperto.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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