C’è una linea, c’è sempre stata. Negli ultimi anni, però, con la crescita dei social e delle opinioni a orologeria, si è assottigliata, ha perso colore e consistenza, è diventata così piccola da confondersi fra i confini che separava, e il timore di non riconoscerla è, da tempo, dietro l’angolo. Perché la necessità di contribuire alla celebrazione di qualcosa di importante, come i diritti delle donne, porta con sé un che di dogmatico, ma cadere nel fondo melmoso e rancido della retorica è una possibilità che va considerata. Così ogni otto marzo il web si divide in fazioni, sincere o meno, falangi di autori di post e commenti che celebrano e che evidenziano l’ipocrisia delle celebrazioni, che ricordano e che sottolineano l’inutilità del ricordo. Ma quest’anno è diverso. C’è un blocco di granito che splende sotto la luce della ricorrenza, e non lo si può confondere con la retorica.
Quest’anno è diverso, almeno per una parte di Sicilia. Una parte piccola, localizzata in un luogo che per forza di cose deve rimanere segreto. Quest’anno, nel corso dell’otto marzo appena trascorso, il Comune di Aci sant’Antonio ha messo la prima pietra di una Casa Rifugio per donne vittime di violenza, e per i loro figli. Un progetto cofinanziato dall’Unione Europea, con la doppia valenza sociale della rigenerazione di un bene confiscato alla mafia e della creazione di un’isola che può farsi ponte per una rinascita. Si chiama “Maggiu Sicilianu”, richiamando un verso della canzone “Duminica matina” del cantautore Mario Incudine, un brano dedicato a chi trova la forza di denunciare i crimini della mafia, provando a cambiare le cose e ricominciare; ed è un nome legato, al contempo, al mese di maggio, inteso come esplosione dei colori, del ritorno alla vita e del sole, come mese delle mamme. Un nome, quindi, che accoglie i due aspetti del progetto, cioè la lotta alla violenza di genere e la lotta alla mafia.
Saranno ben 400 metri quadri di spazi interni e quasi 1.800 di spazi esterni, capaci di dare accoglienza a dieci ospiti, secondo quanto stabilito dalla normativa di riferimento: un rifugio sicuro per donne e bambini, dove trovare tranquillità e costruire un nuovo progetto di vita con il sostegno di un’équipe femminile specializzata nel rispondere all’esigenza di un’utenza tanto vulnerabile. Accoglienza, protezione, legalità, supporto dei minori, coinvolgimento del tessuto sociale locale, elaborazione di dati e di statistiche sul fenomeno, definizione di nuovi modelli di giustizia, libertà e futuro: è questo “Maggiu Sicilianu”, ed è una straordinaria opportunità nel cuore di una terra capace di soffrire e rialzarsi, di subire e poi urlare fino a liberarsi delle morse che nei secoli l’hanno stretta. Capace di accogliere e di spalancare le porte a un nuovo inizio.
I responsabili del progetto fanno sapere che “l’inserimento nella Casa costituisce un ampliamento dell’intervento di prima accoglienza svolto dai CAV e dai servizi territoriali predisposti, un luogo sicuro e tranquillo che permette alla donna di prendere coscienza della relazione violenta con il partner maltrattante e, con il supporto delle operatrici, di sviluppare soluzioni di empowerment: riacquisizione del senso di sé e delle proprie capacità, volontà e scelte”. Insomma: riprendersi la vita sfilandola dalle mani di chi ha provato a strapparla e metterla sotto i piedi. Forza e delicatezza, coraggio e purezza. In una terra dove una vita puoi perderla mentre un’altra riesci a guadagnarla.
“Maggiu sicilianu è chinu di culuri” / pinsai quannu carusu mi iva a cunfissari / e senza ragiunari, mi misi a fari nomi / e a diri tutto chiddu ca un si puteva diri / Morsi sulu dda sira, senza funerali / cangiannu la me facci, la me storia, lu me nomi / canciannu la me terra, lu me sangu, lu me pani / nuddu sapi unni sugnu, unni fazzu l’amuri / Persi tutti li sonni, ma un persi la dignità / Persi la me famiglia, ma un persi la libertà
Seba Ambra -ilmegafono.org
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