Nell’ultimo periodo si sono moltiplicati gli episodi di violenza contro i giornalisti in varie parti d’Italia, come denuncia “Ossigeno per l’informazione”, che da anni si batte per segnalare i casi di abuso contro la libertà di stampa. Secondo l’osservatorio, infatti, sono stati registrati ben 8 episodi di aggressione ai giornalisti (in totale, i giornalisti e gli operatori coinvolti sono stati 15), nel giro di 11 giorni, a cavallo tra la fine del mese di ottobre e l’inizio di novembre. Periodo di particolare tensione a causa dell’annuncio del coprifuoco prima e del lockdown poi. Il primo caso è stato anche quello che ha avuto maggiore clamore mediatico.
Il 23 ottobre, durante la manifestazione pacifica a Napoli, organizzata dai commercianti per protestare contro il coprifuoco imposto dalla Regione, alcuni facinorosi hanno approfittato della situazione per vandalizzare la città e scatenare tafferugli con le forze dell’ordine. A farne le spese, tra gli altri, è stato l’inviato di SkyTG24, Paolo Fratter, che è stato aggredito in diretta e costretto ad interrompere il collegamento. Sempre nell’arco di tempo descritto, altri episodi simili si sono verificati a Firenze (2), Bologna (1), Palermo (3) e Campobasso (1). In generale la tesi dell’osservatorio è che sia la situazione legata alla pandemia, e dunque al lockdown, a fomentare la rabbia contro i cronisti, visti come dei privilegiati o forse come unica valvola di sfogo.
Un trend davvero insopportabile ancor di più perché, analizzando bene gli episodi, la sensazione è quella che non sia la disperazione a guidare questi atti, ma il pretesto. Sui fatti di Napoli il Viminale ha parlato di “azioni preordinate, organizzate nella quasi totalità da frange di tifosi violenti, da ambienti criminali anche legati a settori dell’estremismo politico”. Non è l’unico esempio a sostegno di questa tesi. Basti pensare a quello che è successo a Palermo un paio di giorni dopo, quando la giornalista del TgR Sicilia, Raffaella Cosentino, è stata aggredita verbalmente e minacciata mentre con la sua troupe seguiva le proteste di ristoratori e commercianti. Anche in questo caso però, secondo una ricostruzione dell’Assostampa, sembrerebbe essersi trattato di “infiltrati vicini a frange squadriste e neofasciste”.
La violenza, dunque, come pretesto, come valvola di sfogo. Un chiaro segnale di un certo tipo di mentalità criminale tipica delle peggiori frange estremiste. A farne le spese nel periodo in esame sono stati gli operatori dell’informazione, ma in realtà siamo stati tutti danneggiati da quello che è successo. Una violenza su un giornalista è una violenza sulla nostra libertà di essere informati. Raccontare non dovrebbe essere un lavoro pericoloso.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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