Non c’è un attimo di tregua per la Calabria. Dopo la bufera mediatica scatenatasi sul commissario straordinario alla Sanità, un’inchiesta potrebbe portare alla luce ulteriori rapporti tra la ‘ndrangheta e la politica locale. La scorsa settimana, l’operazione “Farmabusiness”, condotta dalla procura distrettuale antimafia di Catanzaro, ha portato agli arresti di 19 persone, a fronte di 25 indagati. Tra questi spunta anche il nome di Domenico Tallini, presidente del Consiglio Regionale calabrese. L’attuale coordinatore di Forza Italia nella provincia di Catanzaro è stato messo agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso.
Tallini è un politico di lungo corso attivo da oltre 30 anni in Calabria. La sua attività in merito è iniziata nel 1981 come Consigliere comunale della città di Catanzaro. Da allora ha ricoperto numerose cariche, avendo un ruolo strategico a livello elettorale per il suo partito riuscendo sempre a fare incetta di preferenze. Il procuratore Nicola Gratteri con questa indagine ha gettato un ombra sugli ultimi anni di attività politica di Tallini con accuse, che, se confermate, porterebbero in evidenza la grande influenza della ‘ndrangheta sulla politica calabrese e non solo.
Il procuratore ha infatti specificato in conferenza stampa che si tratta di “un’indagine molto complessa e articolata che ha riguardato anche Emilia Romagna e Umbria”. Il nocciolo della questione è la costituzione del consorzio Farma Italia e della società Farmaeko. La società aveva lo scopo di vendere medicinali all’ingrosso con una catena di parafarmacie. Secondo il gip, il ruolo di Tallini in merito è stato quello di facilitare a livello burocratico la costruzione del consorzio e della società. Ad aggravare la posizione di Tallini sono le indagini sulla Farmaeko che sembrerebbero confermare che dietro la società c’era il clan Grande Aracri, che aveva investito parte delle proprie liquidità in questo progetto. Sempre secondo l’accusa, in cambio della spintarella burocratica il presidente del Consiglio regionale avrebbe ricevuto “una pioggia di voti” in occasione delle sue numerose candidature, come sottolineato dagli inquirenti.
Il clan Grande Aracri è famoso per l’influenza che esercita anche in altre regioni d’Italia, come l’Emilia Romagna, dove Farmaeko aveva una delle sue sedi (a Cesena) dal 2016. La catena è poi fallita nel 2018 dopo essere salita agli onori della cronaca a causa dell’uso spasmodico di stagisti. Insomma, se le accuse fossero confermate, parrebbe che la società era una delle tante che le associazioni criminali utilizzano per riciclare il proprio denaro. Come se non bastasse lo stesso figlio del presidente del Consiglio regionale faceva parte del consiglio d’amministrazione della società. Un passo falso o una casualità? Sarà la magistratura a dimostrarlo, quello che è certo è che purtroppo non sarebbe la prima volta che ‘ndrangheta e politica vanno a braccetto. A farne le spese, come sempre, sono i cittadini.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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