Spesso quando si parla dei grandi personaggi, degli eroi dell’età moderna, lo si fa con un filo di amarezza. Con la consapevolezza di fondo che, nonostante la loro grandezza, rimanga marcio il sistema che ne ha reso in qualche modo necessario il sacrificio. Diverso invece è forse il caso di Daphe Caruana Galizia. La giornalista, uccisa tre anni fa con un’autobomba a Malta, è riuscita con le sue inchieste ad aprire il vaso di Pandora e a mettere a nudo un gigantesco sistema di corruzione che coinvolgeva le istituzioni, l’imprenditoria e la criminalità maltese. Fin tanto che era ancora in vita, la Caruana Galizia aveva condotto diverse inchieste mettendo in evidenza le continue incongruenze che c’erano ad esempio nelle assegnazioni in materia di energia e gas, nella gestione del gioco d’azzardo e nell’assegnazione agevolata di cittadinanza europea ai ricchi del mondo.
Il suo coraggio aveva messo in scacco un intero Paese e, secondo una testimonianza fatta da un ispettore a fine agosto e riportata da “Le Monde”, il motivo che ha portato all’assassinio della giornalista era legato a “qualcosa che stava per rivelare, non a qualcosa che aveva pubblicato”. Anche per questo motivo le sue inchieste sono state portate avanti dal “Daphne Project”, un’organizzazione nata qualche mese dopo l’omicidio della giornalista che vanta la collaborazione di 18 tra le principali testate giornalistiche europee. I giornalisti di questo sodalizio hanno inoltre collaborato nelle indagini per scoprire la verità su chi fossero i mandante e gli esecutori materiali di questo vile assassinio.
La prima svolta nelle indagini è arrivata nel dicembre 2017 con l’arresto di tre esponenti della malavita locale, accusati di aver piazzato la bomba e progettato l’omicidio. Per i mesi successivi si è brancolato nel buio alla ricerca dei mandanti, fino all’arresto di quello che sembra essere il testimone chiave del processo: Melvin Theuma. Appena arrestato per vicende legate al riciclaggio di denaro, ha subito dichiarato di essere l’intermediario dell’omicidio Caruana Galizia e, in cambio della grazia presidenziale, ha rivelato il nome del presunto mandante: l’imprenditore Yorgen Fenech, che già era finito sotto accusa nelle inchieste della giornalista e per il quale dunque il movente sembrerebbe evidente.
Ciò nonostante bisogna procedere con i piedi di piombo in quello che, più che un processo per un caso di omicidio, sembra essere un vero e proprio processo a un Paese e che dunque è esposto a pericoli molto alti legati a possibili depistaggi. Ed è proprio quello a cui si appella la difesa dell’imprenditore, evidenziando alcune contraddizioni nelle testimonianze, a supporto delle quali però ci sono anche prove documentali e registrazioni.
Insomma la verità sembra vicina, ma bisogna rimanere attenti. Daphne Caruana Galizia merita giustizia e merita che la sua memoria venga onorata liberando Malta, Paese dove è nata e vissuta, da quel sistema corrotto contro il quale lei ha sempre combattuto. Almeno finché glielo hanno permesso.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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