L’ultima ricerca di Greenpeace sulla presenza di microplastiche nel mare restituisce un quadro allarmante della situazione: il 35% degli esemplari raccolti nel Mar Tirreno Centrale, prodotti ittici di largo consumo anche alimentare, presentano microplastiche all’interno dello stomaco e dell’intestino. Le conseguenze immediate non sono ancora del tutto delineate, ma ci sono chiari segnali che tutto questo potrebbe comportare numerosi rischi per la salute. Le microplastiche, infatti, vengono utilizzate anche in oggetti di uso comune, come saponi, cosmetici e vernici, che finiscono generalmente in mare dagli scarichi domestici.
Greenpeace sta inoltre navigando lungo il Mediterraneo con i ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche e il CNR-IAS di Genova, con lo scopo di continuare a indagare sulla presenza di microplastiche nel mare.
Invertebrati come cozze e scampi sono pieni di microplastiche e Greenpeace si sta muovendo per limitare i danni. Oltre a denunciare l’uso delle microplastiche in tutti i prodotti in commercio, Greenpeace chiede al Ministro dell’Ambiente di proibirne l’utilizzo nei prodotti in commercio. Di qui la campagna “Stop Microplastiche” (firma la petizione), volta a sensibilizzare cittadini e governi sull’argomento diventato ora quanto mai molto delicato.
Un primo passo è stato compiuto il 1° gennaio di quest’anno, quando l’Italia ha vietato il commercio di prodotti cosmetici contenenti microplastiche. Un passo in avanti, certo, ma ancora troppo ridotto dato che il divieto riguarda solo una ristretta categoria di cosmetici. Ora più che mai è il momento di fare qualcosa, le basi del futuro sono ancora troppo fragili.
Redazione -ilmegafono.org
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