L’energia rinnovabile torna a far parlare di sé. A chi ne lamenta costi troppo elevati ed obiettivamente lontani dalle possibilità di alcune fasce della popolazione, Legambiente risponde con un dossier diffuso nei giorni scorsi, offrendo molti spunti sui quali riflettere e numerose domande da porre alle istituzioni. Il rinnovabile costa di più perché poco sovvenzionato dallo Stato, viceversa, le fonti fossili godono di una notevole protezione e di vantaggi economici non indifferenti. Si parla infatti di dodici miliardi di euro annui destinati al non rinnovabile, cifre che stridono con i protocolli internazionali e con le campagne di sensibilizzazione che negli ultimi anni hanno portato a galla la questione.

Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, getta luce su una “scoperta” ancor più spinosa. Pare infatti che i fondi destinati ai combustibili fossili non compaiano nel dibattito pubblico e politico italiano, mascherandosi così sotto forma di sussidi diretti e indiretti, gli uni destinati alle aziende di autotrasporti, gli altri invece alle imprese per la costruzione di strade e autostrade, a discapito di treni, metropolitane ed enti per il trasporto pubblico. Prevalgono, da un punto di vista economico, i sussidi indiretti, che ammontano a circa 7,7 miliardi annui, contro i 4,4 dei sussidi diretti. Ovviamente, incentivare le aziende indicate significa incentivare la produzione di carbone, petrolio, gas, asfalto e tutto quanto possa risultare fortemente dannoso e nocivo per l’ambiente e la salute.

Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, invece, si fa largo la presenza del Cip 6, un incentivo facente capo alla categoria dei sussidi diretti. Questo espediente ha garantito alle produzioni “fossili” di elettricità una cifra pari a 40149 milioni di euro a partire dal 2001, mentre, secondo il GSE (Gestione Servizi Energetici), il Cip 6 continuerà a gravare sui cittadini fino al 2021, con una somma che ammonterà a 4880 milioni di euro.

Il problema dei sussidi destinati ai produttori di fonti fossili è stato più volte manifestato anche dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, mentre in Italia si cerca di sollecitare il primo ministro Enrico Letta a una gestione più consapevole delle politiche ambientali ed energetiche nostrane. Dopo tutto, il prossimo anno assumeremo la presidenza dell’Unione Europea che, in fatto di eco-sostenibilità, ha più volte puntato il dito contro l’Italia. Sarebbe opportuno non farsi trovare impreparati, almeno stavolta.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org