Ci sono momenti storici nei quali il mondo cambia, spesso in peggio. Sono momenti nei quali stare zitti significa essere complici, accettare gli orrori e le ingiustizie che vengono partorite dagli uomini. È proprio in momenti simili che la musica diventa uno strumento critico, un mezzo per sottolineare le contraddizioni e cantare il sogno di un mondo diverso e migliore. Avveniva anche negli anni ’70, anni segnati da grandi tensioni ideologiche. In Italia, in quel periodo, sono emersi i nomi più importanti del cantautorato nostrano: Jannacci, Gaber, Guccini, De Andrè, De Gregori, Dalla, per citarne alcuni.
A quella nobile tradizione si richiama Simone Valeo, cantautore emiliano dalla penna sofisticata e sensibile, che ha appena pubblicato il suo terzo album. Si intitola “Vai a Dubai” ed è un disco autoprodotto che ha davvero tanto da dire, a cominciare già dalla copertina. Undici tracce che si muovono nei meandri dello swing con sfumature proprie della canzone d’autore. Ciò che colpisce del disco è la propria attitudine ad arrivare ad un pubblico di classe e dal sentire profondo, ma che sa anche canticchiare senza pensarci, quasi svogliatamente, nel traffico.
Miglior traccia, a nostro avviso, è Cornelio, un motivetto che vi resterà in mente per molto tempo. Il sound del disco di Simone Valeo saltella da una parte all’altra con classe e tecnica da vendere. “Vai a Dubai” è dunque un album che oscilla tra pop, swing e jazz con venature blues, un cantautorato di livello ed una voce che comanda e destreggia i fili di un’orchestra davvero niente male.
Come un Titanic non destinato ad affondare, Simone Valeo (che è stato ospite di “The Independence Play” la nostra trasmissione radiofonica) si dimostra un artista completo e maturo, da tenere d’occhio. Il suo è un ottimo lavoro discografico, anche per i contenuti e i temi affrontati, talvolta senza rinunciare a una intelligente e necessaria ironia.
Heisenberg -ilmegafono.org
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