“Questo è un avvertimento, la prossima volta, se continuerai a fare sbarcare gli immigrati, passiamo ai fatti. Contro di te e ai tuoi 3 figli”. Recita così il testo della lettera recapitata, lo scorso lunedì, al procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, all’interno di una busta contenente anche un proiettile calibro 6,35. Un’azione intimidatoria che si aggiunge alle numerose email di minaccia ricevute nelle settimane precedenti e ad un’altra busta spedita da ignoti lo scorso settembre, rendendo così evidente un’escalation di intimidazioni e minacce che hanno raggiunto livelli di gravità e pericolosità non più trascurabili e contro cui bisogna agire al più presto.
Sebbene la provenienza delle missive sia ancora poco chiara, tra gli inquirenti si fa sempre più strada l’idea che vi siano coinvolti gruppi paramilitari o di estrema destra: tutto ciò va confermato, è chiaro, ma ci permette di capire il clima d’odio che si respira nel nostro Paese e che sembrerebbe motivato dal fatto che Patronaggio è il procuratore che si occupa delle indagini sul trasporto dei migranti verso la Sicilia. Proprio lo scorso settembre, infatti, lo stesso procuratore iscrisse il nome di Matteo Salvini nel registro degli indagati con l’accusa di sequestro di persona aggravato per aver trattenuto 117 migranti nel porto di Catania che si trovavano sequestrati a bordo della nave Diciotti.
Immediate furono le reazioni dei fan del nostro ministro dell’Interno: chi accusò il procuratore di essere un comunista; chi affermò, come Gianni Alemanno, di aver “attentato contro i diritti politici del cittadino”; e poi vi fu la busta con un proiettile da guerra e una lettera con scritto “Zecca sei nel mirino”. Questo è il Paese in cui viviamo e forse meritiamo di vivere. Un Paese in cui chi svolge il proprio lavoro e va contro il potere viene definito “zecca comunista”.
Tutto ciò, è chiaro, è il risultato di un clima d’odio che l’attuale governo (o almeno alcuni membri dello stesso) ha creato e aizzato sin dal primo giorno, rendendo così possibile una sorta di guerra civile “verbale” tra cittadini sempre più poveri, sempre meno liberi, ma soprattutto sempre più cattivi. A niente, quindi, valgono le parole di solidarietà espresse dallo stesso Salvini: “Totale solidarietà al procuratore capo Luigi Patronaggio: la violenza e le minacce sono sempre inaccettabili”. Parole ipocrite che fanno sorridere e che sembrano estrapolate da una commedia all’italiana, se non fosse che provengono dal capo di un partito politico ed esponente del governo che si è sempre contraddistinto per i suoi modi e i suoi toni violenti e per niente conciliatori, spesso anche nei confronti della magistratura.
Insomma, in un momento storico per l’Italia difficile, nel quale il Paese rischia di raschiare il fondo di un barile la cui profondità ci è (purtroppo) sconosciuta, l’ennesimo caso di intimidazioni nei confronti di un servitore dello Stato dovrebbe almeno scuotere le coscienze della comunità (non quella di esaltati haters seriali) e far capire ancora di più che il pericolo di una deriva autoritaria è dietro l’angolo. Non è un’esagerazione né un’affermazione buonista (parola senza senso che, ultimamente, va molto di moda): è un pensiero comune che appartiene a chi si trova a vivere quotidianamente in una nazione nella quale si è abbassato il livello culturale e politico e si è pericolosamente elevato il livello di sprezzo dell’essere umano, della vita e della legalità, quella vera.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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