Qualche giorno fa, una maxi operazione di contrasto al traffico internazionale di cocaina, condotta dalle forze dell’ordine italiane, con la collaborazione di quelle europee e sudamericane, ha portato all’arresto di 90 persone legate alla ‘ndrangheta. L’organizzazione era gestita da alcune ‘ndrine della Locride, al cui vertice sembrerebbero esserci i clan Pelle-Vottari. I paesi coinvolti nel traffico sono Colombia, Italia, Germania, Belgio e Olanda. Oltre ad importare e immettere nel mercato europeo diverse tonnellate di cocaina, gli affiliati si occupavano anche di riciclaggio, reinvestendo parte dei profitti in alcuni immobili.
Il clan calabrese avrebbe inoltre usufruito del sostegno di un’organizzazione turca che si occupava del trasporto all’interno dell’Unione Europea, essendo specializzata in doppi fondi all’interno di camion e auto. La cocaina, insomma, sbarcava nei porti dell’Europa occidentale e passava le frontiere a bordo di automezzi truccati. Con questo sistema la ‘ndrangheta ha contribuito a diffondere la droga in tutto il continente. Un giro d’affari davvero enorme, come si evince dalla portata dell’operazione, che è seguita ad un indagine preliminare condotta da un pool internazionale (il Joint Investigation Team) e durata circa 2 anni.
Il traffico di cocaina nel Vecchio Continente oggi ha eguagliato quello nordamericano, arrivando a muovere circa 34 miliardi di dollari l’anno in tutta Europa, a fronte dei 14 miliardi del 2001. Un aumento spaventoso se pensiamo anche alle difficoltà che dovrebbero incontrare i narcotrafficanti internazionali, visto che gli unici punti di attracco per i traffici di questi malviventi, quasi sempre provenienti dal Sudamerica, sono quasi esclusivamente le coste europee e nordafricane.
Eppure la diffusione non si è arrestata e la cronaca di questi giorni ha visto anche un’altra grande operazione, questa volta tutta italiana, denominata “Braveheart”, che ha condotto all’arresto di 11 persone a Milano (5 delle quali colte in flagranza di reato), tutte coinvolte nel traffico internazionale di cocaina. Dalle indagini sono emersi i primi dettagli relativi all’organizzazione criminale al cui vertice sembrerebbero esserci 9 albanesi e 2 italiani che gestivano una serie di corrieri italiani che importavano la cocaina dall’Olanda per rivenderla sul mercato milanese. Anche in questo caso i corrieri utilizzavano vetture modificate con doppi fondi per aggirare i controlli doganali.
Un’analogia che lascia diverse perplessità sull’efficacia dei controlli doganali e non solo. Sebbene operazioni di questa portata siano uno schiaffo in faccia alla criminalità organizzata, ancora più utile sarebbe rafforzare la prevenzione in materia di trasporto di sostanze illecite tra le varie nazioni dell’Unione Europea, intensificando i controlli e promuovendo l’utilizzo di tecnologie avanzate per evitare che automezzi modificati passino indisturbati le frontiere.
Appare infatti decisamente troppo facile oggi procurarsi sostanze illecite ed è così perché l’offerta è smisurata. È ancora più allarmante che un problema talmente importante e delicato sia oggi di così poca attualità anche nelle scelte e nelle discussioni di governo. L’impressione è che ci si affretti a chiudere le frontiere davanti alla minaccia dell’arrivo di altri esseri umani, mentre si taccia del tutto rispetto a problemi seri e realmente gravi come quello del contrasto al traffico internazionale di cocaina e al controllo dei confini che vengono facilmente attraversati dai carichi di droga.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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