“Buffone”. “Ridicolo”. Un fischio. Il dissenso espresso, senza violenza alcuna, verso un personaggio incapace di rispetto, intollerante, acido, crudele. In Italia la democrazia ha conosciuto forme molto più violente di protesta, ma oggi basta molto meno per scatenare la reazione dei tutori dell’ordine, sempre più simili ad agenti di regime che a lavoratori pagati dai contribuenti, compresi quelli che esprimono il dissenso secondo quanto previsto dalla Costituzione. A Roma abbiamo assistito all’ennesima manifestazione di autoritarismo da regime, un autoritarismo vigliacco che si esprime sempre nei confronti dei deboli, di chi non può fare altro che urlare buffone a un ministro che buffone non è, purtroppo, perché non fa ridere, non diverte, non scherza.
È accaduto a una donna, una casalinga, una cittadina, fermata e strattonata da agenti in borghese solo perché ha osato contestare, da lontano e verbalmente, il ministro delle Interiora. Lo stesso ministro che, pochi giorni dopo, decide di far sgomberare il centro Baobab, che accoglie i migranti, compresi quelli finiti per strada per colpa sua e del suo decreto che ha sancito la chiusura degli Sprar, buttando fuori i migranti in possesso di protezione umanitaria. Quelli cioè che non hanno più diritto all’accoglienza nelle strutture ormai riservate solo ai rifugiati. Esseri umani che il Comune di Roma, quello guidato dagli affezionati alleati a 5 stelle, non ha voluto gestire, lasciando che se ne occupasse il volontariato, ossia centri come il Baobab, costruttori di umanità e solidarietà.
Sgomberati, in pompa magna e con la soddisfazione di un omuncolo capace di usare il pugno duro con i poveri, con gli ultimi, gracchiando sui social la propria soddisfazione. Lo stesso omuncolo che tace dinnanzi ai clan mafiosi, ai quali non dedica la minima attenzione e non arreca il minimo disturbo. Lo stesso, identico omuncolo che protegge gli amici di CasaPound, quelli con i quali condivide cene e capi di abbigliamento, oltre all’ideologia, amici lasciati liberi di occupare abusivamente uno stabile romano, con l’avvallo delle forze dell’ordine che non eseguono, ma cedono alle minacce di un nugolo di nostalgici esaltati dal pugno duro, razzista e xenofobo di un “ducetto” da due soldi.
Non buffone, ma molto peggio. Un persecutore di disperati, un incallito fannullone, un assenteista convinto, portato in auge da una macchina propagandista aggressiva e da uno stuolo di stolti cittadini privi di cultura e di capacità, un grumo purulento di esaltati, trovatisi a rivestire il ruolo più consono di utili idioti. Complici e colpevoli. Puttane del potere che si scagliano contro chi osa dissentire da loro o semplicemente fare il proprio dovere. Puttane del potere che sparano nel mucchio per esaltare le loro orde di giustizieri da tastiera. Figurine del potere, incapaci di comprendere cosa significhi fare il proprio dovere. Gente che, senza averlo mai svolto un dovere, ma solo sulla base di qualche click in una piattaforma ridicola, si sono trovati a guadagnare quattrini e posti di rango istituzionale. Gente che fa reportage risibili in Centro e Sud America con i soldi del loro organo di informazione non ufficiale.
Per loro nessuna identificazione, né strattoni, né accompagnamenti in questura. Loro non hanno urlato “buffone” al ministro delle Interiora, non hanno contestato civilmente. Loro hanno diffamato, hanno abusato del loro potere, ma nessuno gliene renderà conto. Perché l’Italia è drogata, infestata dal virus della abietta volgarità autoritaria, della prepotenza istituzionale, dell’abuso di Stato. La democrazia, d’altra parte, dà fastidio a chi non ha mezzi per confrontarsi, a chi passa le ore insieme al proprio staff per inquinare il dibattito e screditare il dissenso o, se arriva improvviso, come nel caso di una signora che fischia e urla due parole nemmeno volgari, fermarlo con la forza pubblica.
Forti con i deboli. Vigliacchi con i forti. Carogne pronte a vomitare la loro perfidia su chiunque si ponga a difesa di valori non negoziabili. Questo clima è da regime, la propaganda che lo nutre non promette scenari rosei. E lascia attoniti la facilità con la quale si stanno abbattendo i principi fondanti della Costituzione. Ad essere pessimisti, sembra che si stia preparando a soffiare il vento di una guerra civile. Perché più che al fascismo, qui tutto somiglia alle dittature sudamericane degli anni ‘60, con l’aggravante che in tanti, nel caldo dei loro salotti politici, non se ne accorgono. E pensano che attendere servirà a calmare le acque, che intanto però diventano torrenti in piena e rompono gli argini travolgendo l’esistenza quotidiana di centinaia di migliaia di persone.
Restringendo i confini del dissenso. Controllando chi non si allinea. Edificando persino la retorica di regime che usa i bambini come arma di consenso. Tutto già visto, vecchio e poco originale, se ci si pensa. Ma sempre enormemente efficace, specialmente dinnanzi alla debolezza di chi dovrebbe opporsi o comunque offrire una sponda a chi già si oppone ogni giorno nel Paese. Così, a una signora sdegnata da questo clima da parata di regime, non resta che sfogarsi dando del buffone a chi in verità somiglia più a uno spietato pagliaccio di Stephen King.
Un dissenso che costa conseguenze inaccettabili, mentre l’autoritarismo avanza, confuso per fascismo, ma forse molto più pericoloso e imprevedibile, perché privo di qualsiasi radice sociale e popolare, calato dall’alto e fortemente sbilanciato contro gli ultimi, contro i poveri, contro tutto ciò che può essere spinto ai margini. Contro ogni forma di solidarietà, immediatamente considerata sovversiva e nemica. Un potere violento e rozzo, per nulla buffonesco, ma strategico, pianificato, di facile diffusione, qualcosa contro la quale nemmeno la disobbedienza purtroppo sembra bastare.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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