Con la vittoria delle elezioni presidenziali del 24 giugno scorso, Recep Tayyip Erdogan è stato confermato alla guida della Turchia per altri cinque anni, cioè fino al 2023, anno del centenario di fondazione della Repubblica turca. L’alleanza tra il partito da lui guidato, Akp (Giustizia e sviluppo) e i nazionalisti dell’Mhp (Lupi grigi) si è dimostrata un successo e ha premiato Erdogan anche alle elezioni parlamentari. La coalizione Akp-Mhp ha ottenuto infatti il 54 per cento dei voti e potrà contare su 342 deputati nella nuova assemblea legislativa.

Grazie ad una forte e intensa propaganda mediatica e ad una retorica nazionalista che fa ancora presa sulle masse rurali del paese, il presidente turco è riuscito nelle ultime settimane a recuperare il consenso necessario ad una sua rielezione, per poter traghettare così la nazione verso il nuovo sistema presidenziale. Con il voto anticipato del 24 giugno viene infatti accelerata anche l’entrata in vigore della riforma costituzionale, con la trasformazione della Turchia in una Repubblica presidenziale.

In un clima di prolungato stato demergenza e di misure draconiane nei confronti degli oppositori politici, Erdogan è riuscito così a raggiungere il suo principale obiettivo, quello di formalizzare la concentrazione del potere nelle sue mani. Il nuovo presidente sarà infatti anche capo del governo: a lui saranno assegnati tutti i poteri esecutivi e la massima carica dello Stato vedrà ampliata la sua influenza sul parlamento e sul potere giudiziario. In particolare, il presidente potrà nominare 12 dei 15 giudici della Corte costituzionale. Infine spetterà a lui a formare il governo, senza dover ottenere il voto di fiducia del parlamento.

Forte del consenso interno, Erdogan potrà portare avanti la campagna militare anticurda in Siria e allo stesso tempo mantenere il suo patto sui migranti con lUe, che ha permesso ad Ankara di ottenere miliardi di euro negli ultimi anni in cambio del blocco dei profughi siriani sul suo territorio. Erdogan dovrà però anche fare i conti con lopposizione, sempre più forte nei suoi confronti, delle regioni del sud-est anatolico. In quelle province, infatti, il partito filocurdo Hdp, guidato dal leader moderato Salahattin Demirtas (in carcere con laccusa di sostegno ad unorganizzazione terroristica) ha ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni parlamentari e grazie ad essi è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10 per cento per lingresso in parlamento.

Erdogan dovrà anche affrontare i problemi economici del paese che sta vivendo un momento di difficoltà legato alle sue vulnerabilità esterne, nonostante lalto tasso di crescita registrato lo scorso anno. La moneta turca ha perso gran parte del suo valore negli ultimi mesi sui mercati internazionali e la politica monetaria espansiva seguita dalla Banca centrale su indicazione dellAkp ha aggravato questa situazione. Secondo gli analisti, sarà la politica macroeconomica di Erdogan a decidere se Ankara sarà in grado di invertire questa tendenza.

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org