Brutte notizie giungono dagli ultimi studi pubblicati la scorsa settimana su “Nature”, una delle più importanti, autorevoli e antiche riviste scientifiche al mondo. Detto in parole povere, l’Oceano Atlantico rischia di diventare una palude. L’indagine è stata condotta da due enti indipendenti, l’UCL (University College London) e il WHOI (Woods Hole Oceanographic Institution), che, pur avendo adoperato metodi diversi di studio, sono arrivati alla stessa conclusione: vale a dire la temuta conferma della teoria secondo la quale la circolazione delle correnti oceaniche nell’Atlantico è in netto calo.

L’AMOC (Atlantic meridional overturning circulation – Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica) è il nome scientifico della più nota corrente del Golfo, ossia il sistema di correnti dell’Oceano Atlantico di fondamentale importanza per lo stato di salute del clima globale. Ogni fluttuazione che avviene all’interno dell’AMOC potrebbe avere conseguenze importanti nel clima su scala globale. La corrente del Golfo pompa quantità significative di acqua e calore dai tropici e dall’emisfero australe verso il nord e questo permette all’Europa di avere un clima temperato. Una volta raggiunte le aree settentrionali dell’Atlantico, la temperatura dell’acqua si abbassa, i valori di densità e salinità cambiano e la corrente si rigenera ricominciando il suo viaggio verso sud.

Gli studi in questione hanno rilevato che, dal 1950, la potenza del flusso d’acqua sarebbe diminuita di ben 15%. Attualmente, infatti, da 1600 anni a questa parte è stato registrato il valore più basso mai raggiunto nel processo di rallentamento. Tanto per avere un’idea di grandezza, si parla di 15 volte il Rio delle Amazzoni. L’AMOC è l’aorta della Terra e i dati rilevati dalle due ricerche non lasciano spazio a dubbi o indugi: il nostro pianeta non gode esattamente di un invidiabile stato di salute. Ma questo, si sa ormai da tempo. La più grande difficoltà, nonostante siamo in possesso di strumenti tecnologici mai visti prima, è quella di non essere comunque in grado di prevedere tempistiche attendibili che riguarderanno i cambiamenti drastici: quando si arriverà al punto di non ritorno? O forse lo abbiamo già superato?

Per ora non abbiamo risposte nette. Una certezza però ce la dà il WHOI, uno dei due enti che ha condotto la ricerca: se il processo di rallentamento dell’AMOC continuerà, le condizioni climatiche, dall’Europa all’America, subiranno senz’altro delle conseguenze. E di mezzo non c’è solo il meteo: il fenomeno avrà un forte impatto anche sul riscaldamento globale, in quanto la capacità degli oceani di immagazzinare l’anidride carbonica – il gas responsabile del riscaldamento – verrebbe messa ulteriormente a rischio. E, contrariamente a quello che pensa qualcuno, il cambiamento climatico non è più una leggenda metropolitana. Sta succedendo qui, ora. Potremmo non avere più tempo.

AdrenAlina -ilmegafono.org