Sono passati più di due mesi ormai dall’arresto di Raffaele Marra, ex capo del personale ed ex vice capo di gabinetto della giunta capitolina accusato di corruzione, ma le polemiche sull’amministrazione comunale di Roma non si fermano. L’ultima riguarda il progetto dello Stadio di Tor di Valle, che dovrebbe essere realizzato in un’area ritenuta da alcuni “a rischio idrogeologico”. La vicenda dello stadio ha creato una nuova spaccatura nella giunta guidata da Virginia Raggi il mese scorso, con le dimissioni dell’assessore all’urbanistica, Paolo Berdini. Quest’ultimo ha reso noto, lo scorso 14 febbraio, di voler rinunciare al suo incarico proprio perché contrario al progetto per la costruzione del nuovo stadio della Capitale.
“Era mia intenzione servire la città mettendo a disposizione competenze e idee – spiega Berdini in un comunicato – Prendo atto che sono venute a mancare le condizioni per poter proseguire il mio lavoro”. E aggiunge: “Mentre le periferie sprofondano in degrado senza fine e aumenta l’emergenza abitativa, l’unica preoccupazione sembra essere lo stadio della Roma”.
In realtà le sue dimissioni sono legate anche alle dichiarazioni che lo stesso assessore avrebbe rilasciato ad un giornalista sul lavoro della Raggi, in cui la giudicava incapace e avanzava anche illazioni su una sua presunta relazione sentimentale con l’ex capo della segreteria Salvatore Romeo. Le dichiarazioni che Berdini fa nel suo comunicato di dimissioni, tuttavia, sembrano essere condivise da molti cittadini romani. La giunta Raggi si era presentata, infatti, a giugno scorso, come paladina della trasparenza, della lotta alla corruzione e della buona governance, promettendo di rimettere in sesto la città dopo anni di malaffare, ma per ora i frutti di questa battaglia annunciata non si vedono.
Sicuramente ci sono problemi strutturali ormai consolidati che impediscono di amministrare in modo efficiente la città, ma l’impressione che molti cittadini hanno è di una nuova “immobilità”, dovuta forse alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni esponenti della giunta e che la stessa Raggi deve ancora risolvere. Intanto, prosegue il processo per Mafia Capitale, il cancro che ha contaminato l’amministrazione capitolina negli ultimi anni e che ormai da tempo condiziona il civile funzionamento delle strutture comunali. Sono quarantasei gli imputati che dovranno rispondere di reati che vanno dalla corruzione all’associazione a delinquere di stampo mafioso.
Oltre ai già noti Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, sui quali pendono rispettivamente 24 e 32 capi di imputazione, è stato ascoltato questa settimana in aula Giordano Tredicine (ex consigliere comunale del Pdl, a processo per corruzione). Alla sua famiglia sono legati gran parte degli ambulanti e delle bancarelle che circolano sul territorio del Comune di Roma, ambulanti che negli ultimi giorni hanno inscenato violente proteste contro la nuova direttiva europea Bolkestein. Tredicine ha negato l’accusa secondo la quale avrebbe messo a disposizione delle cooperative gestite da Buzzi “la sua funzione politica”.
“Non ho mai votato nessun provvedimento relativo ai debiti fuori bilancio durante gli anni di Ignazio Marino per favorire le coop di Buzzi – ha spiegato Tredicine, mostrando le carte -. Io risulto sempre assente e non partecipo al voto. Da Buzzi non ho mai preso soldi”.
Fin dall’avvio delle intercettazioni, tuttavia, i carabinieri del Ros hanno ricostruito l’esistenza di un presunto rapporto corruttivo tra Buzzi e Tredicine. “Nella sua qualità di consigliere dell’Assemblea Capitolina, dunque pubblico ufficiale, per porre la sua funzione di consigliere comunale al servizio dei soggetti economici riconducibili al gruppo di Buzzi e riceveva da Buzzi promesse ed erogazioni continuative di denaro e altre utilità a contenuto patrimoniale”, si legge nell’accusa.
Secondo la stampa capitolina, ci sono molti elementi di vicinanza tra i Tredicine e i 5 Stelle. Il nemico comune è la direttiva Bolkestein, la legge europea sulla libera concorrenza presentata nel 2006 ma recepita dal governo italiano nel 2012. Tra le novità normative, la Bolkestein impone la messa a bando delle concessioni di suolo pubblico per il commercio entro maggio 2017. Le oltre 11 mila concessioni romane della famiglia Tredicine, con la direttiva, potrebbero essere minate dalla concorrenza. I 5 Stelle invece la difendono perché rientra nella loro retorica protezionista, ma anche in questo caso il partito rischia di avvicinarsi ancora una volta a figure “controverse”, come quella di Marra, arrestato a dicembre scorso.
G.L. -ilmegafono.org
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