Non è certo una novità, malgrado lasci sempre una sensazione di incredula amarezza, che i primi ad essere critici sulla Sicilia e sui suoi abitanti siano gli stessi siciliani, spesso propensi a catalogare la propria terra come patria della mafia, come un luogo senza speranza. Deve essere stato questo strano processo mentale a portare un anonimo cittadino di Castelvetrano, la città tristemente nota per aver dato i natali al super latitante Matteo Messina Denaro, ad apporre, in una via cittadina da mesi flagellata dal problema dell’abbandono dei rifiuti, un cartello con la scritta “Benvenuti a Castelvetrano, città di mafia e munnizza”.
Il gesto provocatorio non è stato però né ignorato né, tantomeno, sottovalutato dall’amministrazione cittadina che ha ritenuto opportuno rispondere con una chiara presa di posizione: facendo affiggere ad una finestra del Municipio un manifesto recante la scritta “la città di Castelvetrano Selinunte sostiene il giudice Nino Matteo”, con una foto del giudice antimafia.
La ferma risposta voluta dal sindaco cittadino, Felice Errante, nei confronti di quello che egli stesso, tramite il proprio profilo social, ha definito uno “squallido individuo capace solo di attaccare un cartello abusivo”, oltre che, largamente condivisibile, è stata opportuna, considerando che, nei giorni scorsi, il Comune da lui amministrato è stato sottoposto a diverse perquisizioni per fare chiarezza su presunti rapporti di affari che alcuni funzionari comunali avrebbero intrattenuto con imprenditori edili riconducibili al boss Matteo Messina Denaro.
Eppure, nonostante l’iniziativa sia positiva, si deve stare molto attenti a non cadere nell’errore di usare l’antimafia e i suoi simboli più alla stregua di uno slogan pubblicitario che di un vero stile di vita. Il giudice Di Matteo, che si occupa, tra le altre cose, di portare avanti il processo sulla trattativa tra Stato e mafia, e che, nonostante le continue, credibilissime minacce di morte, ha rifiutato il trasferimento da Palermo propostogli dal Consiglio Superiore della Magistratura perché lo considererebbe una “resa”, merita certamente la solidarietà di tutte le amministrazioni italiane.
Una solidarietà non fatta però solo di belle parole o atti dimostrativi ma, soprattutto, di fatti; un impegno concreto e costante nella duplice direzione di fare pressione sulle istituzioni affinché al giudice vengano assicurate tutte le opportune misure di sicurezza e venga evitato l’isolamento istituzionale e personale che spesso viene riservato in Italia agli “eroi scomodi”. Contestualmente, bisognerebbe impegnarsi davvero per cambiare la mentalità dei propri cittadini portando avanti continue iniziative di educazione alla legalità. Una Sicilia e un’Italia migliore sono possibili; ma gran parte di questa possibilità è nelle mani nostre e di chi ci amministra.
Anna Serrapelle- ilmegafono.org
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