Sembra che, solo nel 2012, l’aria infestata dalle fabbriche abbia provocato almeno 60 miliardi di danni, causando emergenze sanitarie e morti in tutta Europa. Tra i comparti industriali, quello siderurgico si presenta come il più inquinante e deciso a farci pagare con la salute il metallo che troviamo nei nostri elettrodomestici, automobili, palazzi. Ciò che è particolarmente grave è che i cittadini europei rischiano di spendere somme sanitarie considerevoli a causa delle manovre che avvengono dietro le quinte delle aziende del settore siderurgico per diluire i vincoli Ue anti-inquinamento in vigore dal 2016.

A pagare le spese più alte sono stati gli italiani, insieme a inglesi, francesi, tedeschi e polacchi, a causa della contaminazione atmosferica generata dall’industria siderurgica e non solo. Dal 2008 al 2012, infatti, i contribuenti italiani hanno versato circa 23 milioni di euro in cure, giorni di malattia e, addirittura, tagli di reddito dovuti dal decesso di familiari lavorativamente attivi. L’Ue ha cercato di rimediare con la direttiva sulle emissioni industriali che prevede nuovi vincoli per i grandi inquinatori. La normativa, di fatto, è stata approvata nel 2010 dall’Europarlamento, l’istituzione europea che dovrebbe esercitare il controllo democratico sulle decisioni e rappresentare gli interessi dei cittadini. Ma il testo di legge non è ben definito: gli europarlamentari hanno votato solo un generale obbligo a inquinare meno, poiché alla fine è l’industria che decide in che misura vuole rispettarlo.

Praticamente, i legislatori europei hanno delegato il compito a una serie di comitati tecnici. A questo proposito è stato istituito un comitato per ogni comparto industriale: uno per l’acciaio, uno per la chimica, uno per l’alimentare, ecc. Successivamente la Commissione europea rende vincolanti le loro prescrizioni attraverso una decisione ufficiale. Un metodo che a prima vista potrebbe sembrare ottimo, ma che in realtà cela un paradosso: i comitati tecnici sono sostanzialmente formati dalle stesse aziende che provocano l’inquinamento e dai governi che le sostengono per difendere l’economia nazionale. Nello specifico, le regole Ue sulla nomina dei membri dei comitati non prevedono che vi partecipino consulenti indipendenti e, per di più, sono davvero pochi i rappresentanti della società civile che controbilanciano gli industriali.

“Siamo l’unica ONG coinvolta. Preoccupante è il fatto che gli Stati membri, che hanno maggiore voce in capitolo, sono infiltrati dalle lobby del settore – dichiara Christian Schaible, delegato dell’Ufficio ambientale europeo, federazione ambientalista con sede a Bruxelles (EEB) -. Le lobby della siderurgia hanno esercitato pesanti pressioni sulla segreteria del comitato per impedire il rafforzamento dei requisiti tecnici per il rilascio delle licenze ambientali ai sensi della nuova normativa Ue”.

In questo modo i colossi della siderurgia hanno il coltello dalla parte del manico e hanno fatto (e fanno) di tutto per boicottare le tecnologie più sostenibile. La prospettiva di investire una quota dei loro profitti per inquinare meno non è gradita alle acciaierie europee, soprattutto perché si ritrovano indebolite dalla crisi e dai concorrenti extra-europei (i cinesi) che non devono sottostare ai medesimi oneri ecologici. Nel 2012, infatti, il comitato per l’acciaio ha deliberato che gli impianti esistenti possono derogare all’obbligo di introdurre una delle ultimissime tecnologie disponibili sul mercato, ovvero il meccanismo dei “filtri a maniche”. È un innovativo processo che permette di minimizzare gli scarichi in atmosfera durante la preparazione del materiale ferroso da cui si estrae l’acciaio negli altiforni.

È da questo procedimento che proviene oltre il 50 per cento degli agenti più inquinanti di un impianto siderurgico tradizionale, cioè le polveri sottili. Questi filtri a maniche sono circa tre volte più efficaci dei tradizionali filtri elettrostatici, strumenti ormai obsoleti, ma ancora usati nelle acciaierie europee, poiché consentirebbero di ridurre del 60 per cento le polveri rilasciate durante la preparazione del materiale ferroso. Tuttavia, il documento finale del comitato sull’acciaio del 2012 ha stabilito che l’utilizzo dei filtri a maniche è a discrezione di ogni acciaieria la quale, se non lo ritiene applicabile, può continuare ad usare i filtri elettrostatici.

Non è un caso che almeno 3.800 tonnellate di polveri in eccesso sono state inalate dagli europei per colpa dei vecchi impianti siderurgici. Ma questi dati non rappresentano che solo l’1 per cento della cappa di particolato che avvolge le nostre città, dovuta ai consumi domestici e al traffico stradale. Anche se irrisoria, comunque l’eccedenza di polveri sottili rilasciate dalle acciaierie partecipa a mantenere alto il livello di pm all’interno delle città.

“Le industrie che inquinano e provocano danni ambientali rilevanti, vanno monitorate con attenzione e devono essere fatte oggetto di particolari normative per prevenire e riparare ai danni miliardari che causano ai sistemi sanitari europei ed ovviamente ai cittadini stessi”, commenta Nicola Caputo, euro-deputato del Partito Democratico e membro della commissione euro-parlamentare sull’ambiente. Qualcuno ascolterà questo appello?

Veronica Nicotra -ilmegafono.org