In occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, celebrata lo scorso 22 maggio, Legambiente ha reso noti i dati, contenuti nel suo dossier (clicca qui per scaricarlo), relativi alla tutela e gestione di flora e fauna in Italia. I risultati emersi sono in buona parte positivi, in quanto mostrano il successo delle esperienze delle aree protette e dei progetti finalizzati alla salvaguardia della biodiversità nel nostro territorio. Un territorio particolarmente ricco, visto che il nostro paese ospita 7830 specie vegetali e ben 58000 specie animali, rispettivamente la metà e un terzo di quelle presenti in Europa.
Nello specifico, la fauna è composta da circa 55000 invertebrati (95%), 1812 protozoi (3%) e 1265 vertebrati (2%). La flora, invece, è costituita da oltre 6700 specie di piante vascolari (di cui il 15% endemiche), 851 di muschi e 279 epatiche. Per quanto riguarda i funghi, sono conosciute circa 20000 specie di macromiceti e mixomiceti (funghi visibili a occhio nudo).
Per quel che riguarda le specie animali, il dossier di Legambiente certifica che l’Italia è “il paese europeo più ricco di farfalle, con 289 specie ‘contate’”. “In particolare – si legge -, la Sardegna e l’Arcipelago toscano ospitano numerose specie endemiche, cioè che non vivono in nessun altro luogo al mondo, e molte farfalle tipiche del continente si aggiungono alle faune insulari creando combinazioni uniche”. Sul piano della tutela, effetti positivi si registrano, seppur con delle distinzioni, per il camoscio e per il lupo. Nel primo caso, è stata la Commissione europea a selezionare il progetto di tutela del camoscio appenninico tra i migliori progetti Life Natura terminati nel 2015 e ci sono oggi più di 2000 esemplari distribuiti nei Parchi dell’Appennino centrale. Il lupo, invece, è tornato in territori dai quali sembrava scomparso e oggi non rischia più l’estinzione, anche se non è totalmente fuori pericolo.
Sul suo destino, infatti, si addensano ancora molte nubi. Il bracconaggio, purtroppo, è ancora molto radicato e costituisce un pericolo serio e una delle maggiori cause di mortalità. A ciò si aggiunge una decisione del ministero dell’Ambiente che fa molto discutere e di cui vi abbiamo parlato anche su queste pagine circa due mesi fa (leggi qui). “La popolazione è in crescita ma è ancora presto per cantare vittoria – ha sottolineato Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente -. Per questo motivo contestiamo la scelta, contenuta nel Piano di gestione predisposto dal ministero dell’Ambiente, di prevedere la possibilità di abbattere il 5% della popolazione di lupo. Pensiamo che legalizzare l’abbattimento dei lupi non risolve in maniera strutturale il problema della convivenza o dei danni provocati agli allevamenti […] ed incida invece negativamente sulla cultura e l’educazione alla convivenza”.
“Se passa il messaggio – – continua Nicoletti – che si può sparare ai lupi, viene meno il valore simbolico per cui il lupo è specie protetta e se non è più protetto allora è inutile impegnarsi per mitigare i danni che provoca perché una fucilata risolverà ogni problema”. Ma i problemi non riguardano solo i lupi. Nonostante i risultati positivi sulla gestione e la tutela della biodiversità, soprattutto negli ultimi anni, i dati parlano di circa 596 specie ancora a rischio estinzione e soprattutto certificano che lo stato complessivo della biodiversità italiana si è deteriorato. E che c’è ancora molto da studiare, imparare, scoprire, fare.
A tal proposito, Rossella Muroni, presidente di Legambiente, ha commentato positivamente i risultati sui progetti di tutela della fauna selvatica, ma ha anche sottolineato le criticità e le sfide ancora da affrontare: “Abbiamo saputo svolgere – ha detto – un ruolo di primo piano nelle strategie per frenare la perdita di biodiversità, misurandoci contemporaneamente con politiche di sviluppo locale innovative, basate sulla qualità ambientale. La rete dei parchi e delle aree protette presente sul nostro territorio hanno poi fatto la differenza”.
Per la Muroni “condivisione, partecipazione e buona gestione sono alla base degli ottimi risultati conseguiti ed è su questa strada che dobbiamo continuare a procedere. Perché se il nostro è tra i paesi europei più ricchi di biodiversità, è anche vero che questa si sta deteriorando rapidamente, a causa di fattori che dipendono tutti dalle attività umane: l’inquinamento, la perdita e frammentazione degli habitat, l’introduzione di specie aliene, il bracconaggio e, non ultimi, i cambiamenti climatici. Anche per questo, riteniamo urgente dare seguito agli impegni presi alla Conferenza sul clima di Parigi”. Anche per la presidente di Legambiente, inoltre, la discussione sulla decisione del ministero dell’Ambiente relativa al caso dei lupi è “fondamentale perché interessa in generale la gestione della fauna selvatica nel nostro paese”.
Dal dossier poi emergono altri aspetti problematici, come l’introduzione di specie aliene, ossia specie alloctone non presenti per natura sul territorio italiano, così come la questione degli stock ittici, che sono sovra sfruttati e che stanno producendo una situazione allarmante nel Mediterraneo. Insomma, sulla biodiversità arriva qualche buona notizia utile anche a far capire quale sia la direzione giusta che l’Italia deve prendere, ma rimangono i problemi dovuti alla mano violenta dell’uomo, all’inquinamento, allo sfruttamento intensivo e inaudito delle risorse. Dal report di Legambiente arriva l’avviso che siamo ancora in tempo e che non è ancora tutto irrimediabilmente perduto. Ecco perché sarebbe il caso di optare definitivamente e senza tentennamenti per la strada eco-sostenibile e della tutela. Quella che chi lavora per salvaguardare l’ambiente e la sua ricchezza chiede da anni.
Redazione –ilmegafono.org
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