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Qualcuno aveva bisogno dei morti, di una grande quantità di morti. Ne aveva bisogno per mostrare un dolore di facciata che smentisse l’indifferenza nazista delle proprie scelte quotidiane. Qualcun altro ne aveva bisogno politicamente, per impastare con altre tragedie il pane rancido con cui nutrire lo stomaco famelico dei caini ignoranti del loro popolo di elettori. Sono gli sciacalli e gli ipocriti i protagonisti dell’ennesima passerella di grettezza e retorica compiuta sui corpi di centinaia di esseri umani uccisi in mare. Assassinati dai trafficanti, spietati esecutori di una strage i cui mandanti sono adesso sul palco degli addolorati a cercare un nascondiglio sicuro, confidando nei distratti e negli smemorati.
Parlano tutti adesso e tutti si interessano della morte, ci raccontano il dramma, con le facce scioccate e quel numero sempre in bocca: settecento. Cosa vuol dire quel numero? Qual è il calcolo che compone la soglia oltre il quale ci si “deve” indignare? Perché si tace quando a morire sono, ad esempio, due, dieci, quindici o quattrocento persone? Non è un dramma identico quando anche un solo essere umano in cerca di speranza viene stroncato dal mare e dall’indifferenza?
Ora, per qualche giorno, forse una settimana, si parlerà del naufragio, si dibatterà sulle solite cose, con parole sterili o volgari, con microfoni costantemente accesi sulla ignobile idiozia dei razzisti o sulla polemica ipocrita tra le istituzioni. Poi, tornerà il silenzio fino alla prossima sciagura, a patto che superi la “soglia” necessaria di morti, altrimenti sarà solo una notizia comune, un’abitudine che qualcuno vive come uno sbadiglio. Un silenzio che fa comodo ai responsabili, a coloro che oggi dovrebbero tremare, perché le dimensioni di questa tragedia non ne consentono l’oscuramento e illuminano a giorno i volti dei colpevoli, di coloro che hanno voluto, consapevolmente, questa strage.
Criminali in doppio petto, ossessionati dalla scheda elettorale e dal consenso necessario ad ottenere crocette sul proprio simbolo, riempiono di croci il Mediterraneo, croci di sogni, speranze, disperazione, stanchezza. Croci in carne ed ossa, carne di giovani, donne, bambini, innocenti, costretti a subire la vessazione dei trafficanti e, al contempo, la criminalizzazione preventiva degli indifferenti appollaiati sugli scranni del potere italiano ed europeo.
Vite spezzate, scartate davanti alla porta della fortezza Europa, gettate nel fossato che divide l’inferno dalla speranza. Un fossato che la Marina italiana, unica vera presenza umanitaria nell’atrio dell’Europa, non riesce più a controllare, perché qualcuno dall’alto, lontano da quel mare, da quelle mani, da quei salvagenti, dal vento e dalle onde, ha deciso di distruggere Mare Nostrum e di negare o depotenziare il principio fondante del soccorso umanitario.
Lo sapevano tutti coloro che urlavano contro Mare Nostrum, lo sapeva l’Unione Europea, lo sapevano Salvini, Meloni, Santanchè, Di Maio, Grillo, Berlusconi e tutti coloro che farneticavano (e ancora lo fanno) che quelli erano soldi sprecati oppure che i migranti bisogna aiutarli a casa loro. Lo sapeva Alfano e lo sapeva Renzi, che nulla hanno fatto in concreto, a parte attaccare le responsabilità europee, per difendere quella che era una operazione che ha permesso di salvare migliaia e migliaia di vite. Oggi parlano, sproloquiano o si mostrano dispiaciuti. Non ne hanno diritto, come non ne ha l’Unione Europea, perché sono tutti loro i colpevoli.
Assassini, stragisti, co-autori di una crudele politica di chiusura e di indifferenza. Hanno rinunciato a salvare esseri umani sapendo che sarebbe finita così. Questa è la strategia di chi siede al potere della “civile” Europa: gestire chi riesce ad arrivare facendo in modo, attraverso l’indifferenza, che ne arrivino sempre meno, che il mare svolga il suo funesto compito. Da Salvini a Grillo, da Berlusconi a Renzi e Alfano, dalla Merkel a Hollande: assassini sui quali non si può più tacere, con i quali non si può mantenere un rispettoso confronto.
Loro e i loro sodali vanno incriminati. Smettiamola con il pietismo, con le facce fintamente contrite da un dolore retorico, con le moderazioni. Dobbiamo agire e denunciarli alle corti internazionali, dobbiamo chiedere e pretendere che vengano processati per crimini contro l’umanità. Perché i massacri non si compiono solo con proiettili e bombe, ci sono molti modi di uccidere e quanto avviene in mare è un genocidio.
Quello di oggi è un altro eccidio consapevole, e chi ha voluto, a livello politico, che si compisse deve pagare. Vale anche per chi pensa che impedire le partenze sia una soluzione di segno opposto: rimane sempre un omicidio, significa solo spostare la tomba un po’ più in là, un po’ più lontano da noi, per fare in modo che la morte non arrivi ai nostri occhi e alle nostre orecchie e non disturbi il silenzio della nostra schifosa indifferenza.
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