La violenza è un virus circolare, un batterio assassino che si alimenta con il sangue degli innocenti. L’odio circola e si spande, spesso anche lontano dai luoghi nei quali quel sangue sgorga, in mezzo al piombo, alle facce terrorizzate di chi assiste inerme, alle lacrime e alle promesse di vendetta. Israele e Palestina: una storia vecchia, antica, pesante come il carico di orrore che ogni volta propone. Una questione infinita, rispetto a cui sembra che nulla possa davvero servire per una risoluzione condivisa: né le mediazioni politiche tentate in passato, né le parole, le preghiere e gli appelli del Papa, né l’azione di tante associazioni e movimenti pacifisti. Nulla. C’è sempre una scintilla accesa pronta a rinfocolare l’incendio. I popoli, alla fine, sono quelli che ci rimettono.
Probabilmente, però, diversamente da quanto pensano le comunità filoisraeliane, a rimetterci maggiormente sono i civili palestinesi, costretti a una vita assurda, murati dentro una gabbia dove i diversivi sono rappresentati da violenze che la maggior parte dei media tace, snobba, ignora. Sui massacri di Gaza ci sono stati troppi silenzi e poca indignazione, troppa indifferenza, soprattutto da parte di tanti che invece, adesso, davanti all’orrore commesso contro tre giovani israeliani, organizzano veglie e preghiere.
Come se la morte di persone innocenti fosse qualcosa di distinguibile, di definibile secondo differenti gradazioni. Se tocca te o chi ti è simile, allora preghi, sbatti i pugni e ti indigni; se tocca gli altri con la stessa crudeltà, invece te ne infischi, taci, glissi. Questa è l’umanità a intermittenza o di facciata, questa è la maniera migliore per alimentare violenza e rancore. Se da un lato ci sono gli indifferenti e gli indignati a comando, dall’altro si fanno notare anche gli idioti e i fanatici (compresi quelli che vivono in Italia e popolano il web), che si gasano sotto bandiere ideologiche false e stantie e che si mettono a esultare per gli atti di violenza contro “nemici” costruiti dalla loro mentalità becera. Mentalità da tifosi di una partita nella quale trionfano sempre e comunque l’odio e la morte.
Di fronte a tre ragazzi israeliani, tre giovani innocenti uccisi barbaramente da dei vigliacchi dovremmo solo avere rispetto e provare tristezza, dolore e rabbia, così come di fronte alla ripicca sfociata nell’uccisione di un ragazzino palestinese, rapito e giustiziato mentre andava a pregare. Non ci possono essere differenze davanti all’orrore, al deragliamento dell’umanità. Le bandiere, la crudeltà lasciamole ai governi, ai gruppi terroristici, alle istituzioni, a chi si macchia di questi crimini. Il fatto che i media tacciano sulle violenze continue subite dal popolo palestinese non giustifica né minimizza l’orrore commesso nei confronti di altri innocenti di nazionalità differente.
La spirale del sangue innocente è già accesa e rischia di degenerare ancora una volta. Sarebbe utile se gli idioti, gli ipocriti, i fanatici e i guerrafondai tacessero, smettendo di gettare benzina sul fuoco e di rendere tutto ancor più atroce. Così come i mass media dovrebbero smettere di usare toni differenti e diversi livelli di attenzione nel raccontare quello che avviene in quell’area nevralgica del mondo, perché disinformare in questo caso è diabolico e offensivo, oltre che inaccettabile.
Infine, a chi prega esclusivamente per le vittime di una sola parte andrebbe spiegato che dio, qualsiasi esso sia e in qualsiasi forma venga rappresentato, ammesso che esista, è molto più giusto e sincero di chi dice di credervi, perché dio, il vostro dio, non farebbe mai distinzione tra innocenti, né si lascerebbe andare a preghiere di parte. Ma si sa, dio non appartiene a questa terra.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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