Vasco Brondi è sparito dalla circolazione per qualche tempo. Due anni per la precisione. All’inizio lo prendevano un po’ come quel “tipo schivo quanto basta” che “farfuglia cosette al microfono”(cit. Offlaga Disco Pax, Lungimiranza). Ha fatto due viaggi profondi e intensi negli ultimi due album. “Canzoni da spiaggia deturpata” ha introdotto al pubblico questo ragazzo con le basette, impregnato di provincia, chitarra, autostrade, periferie. Ha scritto un’epica della malinconia e della tristezza usando immagini semplici e frasi che sono pugnalate. All’inizio pochi sentimenti, tanto ermetismo, lasciando che fossero le immagini evocate a parlare. Poi è cresciuto e ha parlato chiaro con “Per ora noi la chiameremo felicità”. Ha cominciato a dare nome ai sentimenti, come in “L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici”. Ha inserito tutto nel contesto urbano globalizzato delle nostre città. Un tipo cresciuto in Emilia, quel nord per certi versi più cattivo, perché là la provincia è già pianura anonima, ma non c’è niente di chic e girano ancora pochi soldi.
Dopo tre anni e tanti viaggi, questa mente geniale e schiva e, soprattutto, profondamente vera ha prodotto un album intenso, per certi versi di rottura e per altri di maturazione. “Costellazioni” è fatto di canzoni brevi, pezzi diversi l’uno dall’altro. L’istantaneità della visione è più completa e abbraccia ora anche il suono. Non ci sono più solo la chitarra distorta e la voce modificata dall’eco. C’è un tutto, una melodia e anche l’elettronica. Il gusto “freddo”, quel non so che di triste, si trasforma in beata contemplazione senza diventare lirismo. Vasco Brondi lo ha definito “una grande festa” ma con un tocco di irrazionalità, delirio quasi consapevole. Le ragazze stanno bene è la luce in fondo al tunnel che invocavo scrivendo l’ultima recensione su Brondi.
Immagini bellissime che prendono atto della realtà, ma sentendo dentro di sé quella voglia di “lasciarsi dietro gli spazi bianchi”. “Accettare la vita come una festa, come ha visto in certi posti dell’Africa. Forse si tratta di affrontare quello che verrà come una bellissima odissea di cui nessuno si ricorderà”. Realizzare che “non c’è alternativa al futuro”. Il senso della vita consiste nel “fabbricare quello che verrà con materiali fragili e preziosi, senza sapere come si fa”. E quindi, “nonostante il flusso costante di gente senza lavoro, di compro oro, respirando lentamente Chiara celebra la sensazione della primavera finalmente in arrivo e del suo treno al binario uno”.
Invece, Firmamento è forse la canzone rabbiosa che collega Brondi alla sua ispirazione, i CCCP: quel grido punk “Andrea sta bene, non è niente non è niente”, quell’incazzatura nel “va tutto bene ma solo se è irraggiungibile”, il loop di “adesso vorrei che la pioggia non si fermasse mai”. La terra, l’Emilia e la luna è una ballata alle origini, forse quella più vicina al Vasco Brondi a cui eravamo abituati con citazioni cinematografiche (“Madonna che silenzio c’è stasera”) e musicali (“Cerco un centro di gravità temporanea”). Destini Generali è invece la consapevolezza di ubriacarsi, una marea di suoni, ritmati quel tanto da essere viscerali, il coretto è il sottofondo e i flash arrivano tra capo e collo, tra un bicchiere e l’altro. I momenti di consapevolezza sono gli sprazzi di raziocinio che l’alcool addormenta con un pensiero rassicurante: “È solo un momento di crisi di passaggio che io e il mondo stiamo attraversando”.
“Costellazioni” trova qui il suo apice e il suo fulcro, il suo significato. In quel contrasto tra “natura morta con ragazza al computer, poverissima patria arriva, arriva alla deriva economica” e il pensiero rassicurante di cui sopra. In questo alternarsi Brondi sale al livello superiore. Con più consapevolezza canta ora una generazione cresciuta, che prima prendeva il treno al mattino presto, intabarrata nelle felpe con cappuccio sognando una Lotta armata che finiva al bar, maledicendo le notti atomiche che li hanno visti nascere. Adesso se li ritrova più grandi, con un futuro con cui fare a pugni.
Non è più tempo di arricchire le compagnie telefoniche con le discussioni serie. Volenti o nolenti “non c’è alternativa al futuro”, anche se è difficile dimenticare terra, luna, discorsi metafisici sui fori dei piercing che si richiudono, l’avanzata dei deserti, le altre americhe da scoprire. Per camminare nel tunnel devi vedere la luce laggiù, fosse anche un altro treno.
Penna Bianca -ilmegafono.org
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