Finalmente una buona notizia per la libertà di stampa in Italia. Secondo il Press Freedom Index (l’Indice mondiale delle libertà di stampa) dell’organizzazione “Reporter senza frontiere” pubblicato lo scorso 12 febbraio, l’Italia quest’anno ha guadagnato nove posizioni rispetto al 2013, passando dal 57mo al 49mo posto nella classifica stilata appunto da Reporter senza frontiere. Nell’Europa meridionale “l’unica evoluzione positiva si verifica in Italia, che è finalmente uscita da una spirale negativa – si legge nel rapporto – e sta preparando una legge incoraggiante per depenalizzare la diffamazione a mezzo stampa”. I paesi modello in Europa per il rispetto della libertà di stampa restano però Finlandia, Norvegia e Olanda, “grazie alle loro solide basi costituzionali e legali” e “a una vera cultura delle libertà individuali più coesa” rispetto al sud del continente.

L’Italia si trova comunque tra i primi 50 paesi nell’indice della prestigiosa organizzazione francese che analizza  fattori come le violazioni della libertà di stampa, il pluralismo e l’indipendenza dei media, l’autocensura, la trasparenza e la legislazione per i mezzi d’informazione in 180 stati del mondo.  “Dalla firma della Convenzione europea sui diritti umani del 1953 – continua il rapporto – sono passati 60 anni nel corso dei quali la libertà di stampa, d’informazione e di opinione è stata ribadita più volte come uno dei principi fondanti dell’Ue e il Press freedom Index sembra suggerire che queste garanzie sono state e vengono rispettate. I primi 50 paesi infatti includono ben 31 stati europei”.

Ai confini dell’Europa invece la situazione non è migliorata, così come nel sud, in un paese come la Grecia (99mo posto). La crisi economica del 2007 ha colpito duramente la stampa nel paese ellenico. I pochi imprenditori e armatori che finanziavano i media nazionali hanno deviato i loro investimenti verso settori più redditizi. “Il mese di giugno del 2013 è stato un punto di svolta nella storia dei mezzi d’informazione in Grecia. Il premier Antonis Samaras ha deciso infatti, per la prima volta nella storia di un paese europeo, di chiudere l’emittente radiotelevisiva di Stato, la Ert, licenziando migliaia di giornalisti”, si legge nel rapporto, che ricorda come l’aggressione fisica contro gli operatori della stampa sia diventata “sistematica” in Grecia, in particolare ad opera dei militanti del partito neonazista Alba Dorata.

La Turchia è invece ancora al 154mo posto, allo stesso livello dell’anno scorso, insieme a paesi come Afghanistan, Libia e Iraq.  “Grazie alla sua influenza diplomatica ed economica, la Turchia si sta affermando come un modello regionale di democrazia, in particolare per i governi emersi dalla primavera araba – si legge nel rapporto – ciò nonostante le procedure giudiziarie nel paese continuano ad essere repressive nei confronti della stampa”.

Alla fine del 2013 erano 60 i giornalisti in carcere, una cifra altissima secondo la Ong che ricorda come durante le proteste di Gezi Park, nell’estate scorsa, 153 giornalisti siano rimasti feriti e 39 arrestati. “I media hanno pagato un prezzo molto alto per la loro copertura delle manifestazioni da maggio a settembre” del 2013 e “la polizia ha usato la forza contro i dimostranti. I giornalisti sono stati sistematicamente attaccati dalla polizia e a volte anche dai manifestanti”.

“Non meno di 14 giornalisti inoltre sono stati licenziati, mentre 22 hanno rassegnato le dimissioni. Alle reti televisive che hanno seguito le proteste sono state imposte multe astronomiche”. Secondo l’organizzazione internazionale, le proteste dell’estate scorsa hanno fatto emergere la “sete di libertà” della società turca e acceso i riflettori sulla “mancanza di una cultura democratica all’interno delle forze di polizia”, nonché sullo scarso pluralismo dei media, dovuto alla concentrazione di molti mezzi d’informazione nelle mani di grandi lobby economiche.

G.L. -ilmegafono.org