Abbiamo assistito in questi giorni al dilagare, nelle pagine dei giornali siracusani, della strana polemica sullo sfruttamento indebito delle aree archeologiche a uso privatistico che conta oramai tre schieramenti contrapposti: l’ordine degli avvocati, l’Assessorato regionale ai Beni Culturali e gli intellettuali siracusani. Il tutto nasce da una cena svoltasi la settimana scorsa all’anfiteatro romano di Siracusa dopo una giornata di gala mirata, a detta dell’avvocato Spallino, a “riportare al centro dell’attenzione e della discussione tra le forze culturali e politiche della città, la possibilità della utilizzazione, per tutti, di questi siti archeologici di importanza storica mondiale, abbandonati ormai da anni al loro destino”.
Maria Rita Sgarlata, Assessore regionale ai Beni Culturali, nella sua lettera di sdegno (qualcuno l’avrà pur autorizzata quest cena), esclude qualsiasi responsabilità del suo ufficio e dice: “Mi limito a considerare questo episodio per quello che è: l’ultimo colpo di coda di una lunga serie di usi improvvidi, privatistici e pseudo-elitari del bene pubblico. Mi propongo in tempi brevi di predisporre una specifica normativa”. Nella tristezza infinita di questi episodi e, ancor di più, nel delirante dialogo tra l’istituzione e le altre parti del “contenzioso”, ci sono solo giustificazioni e accuse, ma nessuna risposta. Credo che il cittadino meriti di sapere sotto che forma e a quali costi sia possibile usufruire di un’area archeologica privatamente.
Quanto costa? Quanto ha sborsato l’Ordine degli avvocati per fare quello che ha fatto? Quanti di questi soldi verranno usati per alleggerire il carico fiscale del cittadino? E quanti altri per la manutenzione del sito archeologico? Credo che il cittadino abbia il diritto di sapere, visto che il bene in questione è un bene pubblico, con quale strategia esso venga gestito, e ciò vale per l’intera area archeologica di Siracusa come di qualunque altro monumento d’Italia.
Se l’alternativa è vendere, e quindi privatizzare realmente il patrimonio italiano, allora ben venga lo sfruttamento di quest’ultimo a fini differenti dalla mera fruizione, ma a delle condizioni tali da facilitare la conservazione del sito stesso e che contribuiscano alla diffusione e alla conoscenza della sua storia. Capisco lo sdegno del professore Roberto Fai, come posso provare a capire il distacco dell’assessore regionale e l’“impegno” dell’Ordine degli avvocati: l’unica cosa che non è mai chiara in Italia è la responsabilità. Nessuno è responsabile di quello che succede, nessuno è punibile a parte il cittadino, che ha il solo demerito di essere italiano.
Angelo De Grande -ilmegafono.org
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