La tavola Doria, documento fondamentale per lo studio e la conoscenza di uno dei capolavori perduti più famosi al mondo, la battaglia di Anghiari di Leonardo al palazzo Vecchio di Firenze, è stata “ritrovata” in un museo giapponese, il Tokyo Fuji Art Museum, che l’aveva acquisita nel 1992 senza rendersi conto che si trattava di un capolavoro della pittura italiana rubato a Napoli nel 1940, dopo essere stato venduto all’asta dalla famiglia Doria nel 1939. Incredibilmente, il nucleo per i beni culturali dei carabinieri, che si occupa di rintracciare la tavola dal 1983, è riuscito a ritrovarla. Dal 2008 sono in corso le trattative per il rientro che si sono concluse solo il 12 giugno scorso a Ginevra con un accordo di cooperazione internazionale. Questo accordo prevede lo studio dell’opera in Italia e l’organizzazione di mostre tra l’Italia e il Giappone per i prossimi 25 anni.
La tavola “vivrà” più a lungo in Giappone che in Italia: dopo l’attuale esposizione al Quirinale, dove rimarrà fino al 13 gennaio, l’opera andrà a Firenze per ulteriori analisi ed eventuali restauri e, una volta conclusa questa fase, resterà in esposizione fino al giugno 2014 quando tornerà in Giappone per 4 anni; poi la riavremo ancora per 2 anni per poi ritornare in Oriente per altri 4 e così via per l’intera durata dei 25 anni previsti dall’accordo. La tavola misura 85 cm per 115 cm e le figure racchiuse al suo interno sono compresse in un fondo oro omogeneo che le fa fluttuare al di fuori del tempo e dello spazio.
Questo fondo, che mette in risalto il dinamismo dell’azione, è a nostro avviso la conferma che l’opera non sia direttamente attribuibile a Leonardo quanto piuttosto ad un pittore toscano del XVI secolo affascinato dal movimento delle figure del grande artista in palazzo Vecchio. Leonardo, che volle sperimentare una tecnica antica come l’incausto, vide la sua visione sciogliersi davanti ai propri occhi, una visione la cui traccia è rimasta indelebile nel tempo ed è giunta a noi attraverso questa tavoletta o attraverso i disegni di Rubens tratti dal cartone del maestro.
L’opera racconta la vittoria dei fiorentini sui milanesi nel 1440 ad Anghiari e doveva dialogare con l’altrettanto famosa battaglia di Cascina dipinta da Michelangelo. Paolo Giovio nella sua vita di Leonardo ci tramanda: «Nella sala del Consiglio della Signoria fiorentina rimane una battaglia e vittoria sui Pisani, magnifica ma sventuratamente incompiuta a causa di un difetto dell’intonaco che rigettava con singolare ostinazione i colori sciolti in olio di noce. Ma il rammarico per il danno inatteso sembra avere straordinariamente accresciuto il fascino dell’opera interrotta»
Dietro gli affreschi di Vasari sembra che esista una camera realizzata dal pittore aretino per evitane di cancellare del tutto l’opera di Leonardo al momento del suo intervento nel 1565. È incredibile quanto un’opera incompiuta possa divenire leggenda e alimentare il mito di un genio per più di cinquecento anni. Come è possibile che in italia possediamo le testimonianze lasciate dai più famosi artisti dell’epoca moderna, del Rinascimento in particolare, e non riusciamo ad alimentare questi miti per farne le fondamenta della nostra rinascita economica e soprattutto culturale?
Speriamo che il rientro di quest’opera dopo 70 anni in Italia dia uno slancio nuovo al dibattito sui beni culturali come patrimonio inalienabile della popolazione, erede della cultura e della tradizione italiana di cui si dovrebbe andar fieri, anche se ultimamente sinceramente ciò appare sempre più difficile.
Angelo De Grande -ilmegafono.org
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