Il sogno Americano del nuovo millennio sta per realizzarsi. E ci sarebbe da aggiungere che non si tratta di un sogno soltanto americano, ma di un obiettivo che ogni democrazia occidentale vorrebbe conseguire: la completa indipendenza energetica, che, tradotto, significa non dipendere più da rifornimenti energetici stranieri. Non si tratta di un miracolo ma di una conseguenza reale data dal calo dei consumi e dall’aumento di produzione del petrolio, così come riportato da un lungo reportage pubblicato il 23 marzo sul “New York Times”: nel 2011 gli USA hanno importato soltanto il 45% di combustibili liquidi, contro il 60% del 2005.
Una notizia senz’altro positiva per il popolo a stelle e strisce. Nuove tecnologie e nuove tecniche d’estrazione hanno consentito un’intensiva produzione autonoma di petrolio e combustibili fossili. È tuttavia lecito chiedersi che fine abbiano fatto i buoni propositi per la conversione delle industrie e della produzione energetica al rinnovabile propugnati assiduamente dal Presidente Obama. Forse la crisi economica ha oscurato questo dettaglio. Fatto sta che le attività industriali pro petrolio sono eredità dell’amministrazione Bush, eredità successivamente raccolta da Obama, contestato dagli ambientalisti.
Progressi per l’economia e il rifornimento energetico, ma grossi passi indietro in termini di politiche ambientali. Le casse dello Stato saranno ben felici di accogliere gli introiti derivati dalla vendita per esportazione di prodotti raffinati dal petrolio, mentre l’industria del gas, che pochi anni fa temeva di non riuscire a coprire il fabbisogno nazionale, ha addirittura chiesto la licenza di esportare in Asia ed Europa.
La produzione di barili è aumentata di circa un milione dal 2008: si è passati da 4,95 milioni di barili a 5,7 milioni. Il dipartimento per l’energia calcola che, entro il 2020, si potrebbe arrivare a circa 7 milioni. I grandi numeri confortano consumatori ed economia. In questo caso l’unico a restare a mani vuote sarà l’ambiente. Vuote, si fa per dire. I 7 milioni di barili stimati per i prossimi otto anni saranno comunque accolti dall’ecosistema sottoforma di emissioni nocive.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
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