Sono accusati di aver causato una catastrofe sanitaria e ambientale permanente e della responsabilità di 3.000 morti in Italia legate all’amianto. ll miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain di Cartier di Marchienne, ex proprietari della fabbrica Eternit di Casale Monferrato,  saranno giudicati lunedì 13 febbraio da un tribunale di Torino in quello che alcuni giornali definiscono il “maggiore processo al mondo” per le vittime dell’amianto. In tutto seimila persone, tra familiari delle vittime e abitanti dei territori in cui era prodotto l′Eternit, chiedono i danni ai due ex proprietari della multinazionale. “Mia moglie è morta nel gennaio 2007 – afferma Carlo Liedholm, 53 anni -. Aveva 47 anni. Le hanno prima rimosso un polmone, ma non c’era nulla da fare. In 18 mesi se n’è andata”. Carlo Liedholm viveva con la moglie vicino ad una delle fabbriche di Eternit, il cemento-amianto inventato dall’austriaco Ludwig Hatschek agli inizi del secolo scorso.

L’amianto è un minerale naturale a struttura fibrosa con buone proprietà fonoassorbenti e termoisolanti che, grazie alla sua economicità, è stato largamente usato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie. Con il tempo, però, questo materiale si è rivelato nocivo per la salute umana perché, una volta usurato o danneggiato, può rilasciare fibre che, se inalate, sono in grado di provocare malattie gravissime e irreversibili all’apparato respiratorio. “Nessuno mi restituirà mia moglie – continua Liedholm -. Non è giusto che sia morta, come migliaia di altre persone. È una tragedia di cui non si parla mai abbastanza”. Che l’Eternit sia dannoso per l’apparato respiratorio si sa dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, ma in Italia  è rimasto in produzione fino al 1986. Solo dal 1992 esiste una procedura precisa, prevista dalla legge n.257 dello stesso anno, per smantellare le strutture ritenute “pericolose”, previo controllo delle autorità sanitarie.

In Europa, invece, l’Eternit è vietato dal 2005, ma rimane diffuso quasi ovunque nelle nostre città. Nel luglio scorso, in un rapporto della polizia sulla provincia di Roma si denunciava l’esistenza di centinaia di aree di degrado, nelle quali era presente immancabilmente l’amianto. Bruno Pesce, coordinatore dell’Associazione delle famiglie delle vittime nelle città industriali di Casale Monferrato e Cavagnolo, ci segnala che nel 70% dei paesi del mondo l’amianto continua a essere estratto e utilizzato. La sentenza di lunedì è quindi fondamentale per due ragioni: è la prima contro una grande multinazionale dell’amianto e potrebbe rappresentare un importante punto di svolta per l’eliminazione di questo materiale pericolosissimo in tutto il pianeta.

G.L. – ilmegafono.org