Avevate pensato davvero che i respingimenti, le leggi razziste e le altre crudeltà inaudite di un governo che si accanisce sui migranti potessero fermare il loro viaggio verso l’Europa e verso la speranza? O forse era solo il vostro modo di avallare una scelta criminale, sperando di tenere lontano dalle vostre coscienze lerce il dolore di milioni di persone assetate, addormentate in eterno con la faccia in giù sulla sabbia del deserto, schiacciate come pesci in scatola sulla lamiera di un camion sudicio o tra le assi di legno di una barca malconcia, gonfie d’acqua e gialle di morte tra le onde del Mediterraneo, oppure violentate e uccise nelle carceri del vostro “amico” Gheddafi? Ipocriti, di un’ipocrisia funzionale ad un sistema di sfruttamento che vi fa comodo, nelle case come nelle aziende di famiglia, nelle campagne, nei cantieri edili, nei mercati, nei negozi. Volevate solo schiavi a basso costo, ma, per placare la voglia di durezza del popolo che avete ingozzato con le vostre pietanze a base di paure costruite ad arte e di stereotipi volgari, vi siete inventati il “rischio di invasione”, il pericolo per la “sicurezza”, rispetto a cui usare il pugno duro.
E giorno dopo giorno, in ogni anfratto di questo Paese, dai centri di detenzione (parlare di accoglienza è pura bestemmia) alle strade, dalle questure alle commissioni per i richiedenti asilo politico, dai luoghi di lavoro alle prefetture, dagli autobus ai condomini, il popolo italiano mostra la sua gretta intolleranza e l’inadeguata etichetta di “brava gente”. L’immigrato è diventato il nemico numero uno, il capro espiatorio che ogni comunità sembra dover eleggere per purificare la propria anima sporca e compattare i propri membri, e le violazioni di diritti, lo sfruttamento, la crudeltà si propagano, assumendo forme sempre più organizzate, sempre più mutevoli. L’inchiesta che ha sgominato una rete di trafficanti di esseri umani che trasportava in Italia masse di disperati stipandoli nelle stive di barche di lusso o nelle navi di linea o nei container, ha mostrato come in tutto il territorio nazionale ci fosse un’organizzazione capillare che gestiva il traffico di migranti per poi dirottarli in altri stati europei.
È solo l’ultima delle tante indagini che mostrano come il cittadino straniero sia stretto nella morsa di un sistema che lo vessa, umilia, violenta, approfittando della sua condizione di bisogno e di debolezza. Dai trafficanti agli sfruttatori, passando per uffici istituzionali troppo spesso insensibili e disumani, questa povera gente non ha scampo. Ed in più deve anche subire le discriminazioni e la xenofobia di una parte cospicua dei cittadini con cui condividono la vita in un territorio, al Sud come al Nord. E le istituzioni che fanno? Giocano, utilizzando il dramma di milioni di persone come strumento di consenso o come paravento per celare le proprie incapacità ed inerzie politiche su altri temi ugualmente primari. Ma del governo, di Berlusconi, dei leghisti, dei vari La Russa, Frattini, ecc, c’è poco altro da aggiungere, visto che sono i protagonisti delle leggi più razziste e disumane della storia italiana dai tempi delle leggi razziali di Mussolini nel ’38.
Quello che invece preoccupa è vedere come all’opposizione, seppur con i dovuti distinguo, prevale una maniera altrettanto pericolosa di esaminare il fenomeno. Si ragiona, ma lo si fa non cercando di educare la gente alla tolleranza, ma solo attaccando il governo sul fallimento della lotta all’immigrazione clandestina. Sento troppe voci a sinistra, specialmente in area Pd, che parlano di misure disumane da eliminare, da combattere, di leggi crudeli e vergognose, criticano, giustamente, la Lega e il modello Maroni, ma poi quando si spingono oltre, quando propongono, fanno paura, per la disarmante incapacità di comprendere cosa sia realmente l’immigrazione. Continuano a parlare di migranti in termini di flussi da regolare, di forza lavoro, di quote, battono anch’essi sul tema della sicurezza (c’è da conquistare gli indecisi del nord, magari anche qualche elettore leghista…), perpetuando questa equazione falsa e indegna tra razza e criminalità.
Perseverano nel difendere le scelte del passato, nel non ammettere gli errori commessi, le mancanze, si ostinano a non guardarsi dentro. Li senti dire che “non possiamo far entrare tutti”, che “vada per i rifugiati, ma gli altri, quelli che vengono solo per cercare lavoro…”. Sì, ci siete cascati anche voi, commettete lo stesso errore, ragionate di uomini come se fossero numeri o bestie, come se la fame, la voglia di vivere una vita che offra qualche opportunità in più non valga nulla di fronte alla legge. Vi manca qualcosa, cari dirigenti di partito che aspirate a diventare i nuovi governanti e che promettete di essere diversi dagli attuali (e in parte sembrate esserlo, per fortuna), ma che tanto somigliate a dei banali e aridi burocrati. Avete il difetto di esser cresciuti tra convegni, occasioni ufficiali, incontri, talk show, documentari, e di aver dimenticato di crescere tra le persone sul cui destino sarete chiamati a decidere.
Prima di parlare di leggi, di quote, di flussi, di ingressi da non aprire a tutti (bella presunzione di tappare il mare con un dito e di poter decretare la vita e la morte di una speranza e di un essere umano), provate a mischiarvi con questa umanità eroica che si è messa in viaggio, respiratene l’odore, sentitene il sudore, la fatica, stringete le loro mani ruvide al termine di una giornata di lavoro nei campi, provate a sentire il sale umido delle loro lacrime sulle vostre spalle o sulle vostre mani, perdetevi nei loro sorrisi stanchi ma colmi di speranza e di pazienza, tuffatevi negli occhi di chi racconta il proprio inferno, ascoltate i loro sogni, imparate la loro lezione.
Uscite dalle stanzette in cui preparate il vostro piccolo potere, abbandonate i calcoli elettorali, smettete di utilizzare i migranti come argomento di acquisizione del consenso. La questione sicurezza abbinatela piuttosto agli speculatori, agli sfruttatori, ai mafiosi, a chi avvelena le nostre acque, l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, ai tanti colletti bianchi che vivono anche accanto a voi, senza che vi imbarazziate troppo. Fino a quando non farete ciò, sarà fin troppo facile guardarvi in faccia e scoprire i segni marcati della maschera che indossate. E in questo Paese di maschere non abbiamo più bisogno. Ciò di cui abbiamo bisogno è guardare in faccia la gente e camminare al fianco di chi i diritti deve ancora conquistarli. E per farlo servono innanzitutto umanità e solidarietà. Provate a vedere se ne avete ancora o se mai ne avete avuta.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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