Erano gli anni ‘80 di un’Italia molto diversa da quella di oggi: un rassicurante e suadente Guido Angeli “entrava” nelle case degli italiani e canticchiando li invitava a recarsi a Biella da Aiazzone per acquistare i propri mobili perché “Aiazzone ti piacerà”. Ai tempi quella pubblicità allegra apparve rassicurante e funzionò; in tantissimi si recarono nella città piemontese per arredare le proprie abitazioni. Ma questa ormai è solo storia. Sono passati oltre 20 anni e le cose sono decisamente cambiate. Oggi lo slogan coniato dal gruppo Aiazzone: “provare per credere” ha assunto una connotazione meramente negativa, sino a sembrare quasi, se non una minaccia, una sfida, una prova di coraggio. Ben 5 mesi per un divano, 6 mesi per una parete attrezzata ed oltre 11 per una cameretta: sono questi alcuni degli insostenibili  tempi di attesa per NON ricevere ciò che si è ordinato (ed in taluni casi pagato) presso i punti vendita Aiazzone sparsi in tutta Italia.

Quando uno sfortunato cliente  decide di acquistare qualcosa nei punti vendita incriminati, riceve la promessa che li riceverà con un’accettabilissima attesa di appena 30 giorni e gli viene richiesto il versamento del 30% del valore dell’acquisto a titolo di caparra confirmatoria. Nessuno lo informa, però, delle innumerevoli clausole vessatorie a suo danno contenute nel contratto che si accinge a firmare. Nessuno lo informa, per esempio, che la data di consegna espressa sul contratto è puramente indicativa e che, dunque, il punto vendita non si assume la responsabilità in caso di richiesta danni derivanti da un’attesa più lunga del previsto, pur riservandosi il diritto di comminare penali a danno del consumatore nell’ipotesi di difficoltà nella consegna  e/o  di richiesta di rinvio della data di consegna della merce. Analogamente nessuno gli fa presente che, nell’ipotesi di controversi, il contratto capestro propostogli da Aiazzone dispone  la competenza del  Tribunale di Tivoli e non di quello del consumatore.

Come se non fossero sufficienti le mille trappole contenute nel contratto, molto spesso c’è anche un approccio poco sincero da parte di tutti i dipendenti (direttori inclusi). Accade così che, dopo aver atteso per mesi un mobile, dopo aver richiesto (senza ricevere alcuna risposta) la rescissione del contratto e la restituzione del proprio denaro, dopo essere finalmente riusciti a fissare la consegna, ci si veda recapitato in casa qualcosa di decisamente diverso da quanto ordinato e che il direttore del punto vendita interessato, anziché scusarsi per l’ennesimo disagio, pretenda di convincere l’incauto e sfortunato acquirente che è proprio ciò che ha ordinato. E così sempre più persone si ritrovano ad aver versato una (più o meno consistente) somma di denaro (sempre che non abbiano optato per il finanziamento e non stiano già pagando da mesi qualcosa che chissà se e quando riceveranno) e a non aver ricevuto dei mobili di cui di certo avevano bisogno.

L’unica soluzione al momento sembrerebbe adire le vie legali, rivolgersi ad un avvocato perché proceda alla messa in mora del punto vendita e tenti di ottenere il rimborso delle somme versate. Una semplice soluzione a posteriori. Già, perché, inspiegabilmente, nonostante siano davvero tantissimi gli italiani truffati da Aiazzone, nonostante al caso si stiano interessando moltissime associazioni dei consumatori, nonostante sia stata accertata la contrarietà al Codice del Commercio dei contratti che infligge ai propri clienti, Aiazzone è lasciato libero di continuare la propria attività a danno di nuove famiglie italiane. Nessun ordine di chiusura, nessun sigillo, nessuno interviene a tutela del consumatore.  Nel frattempo, la proprietà è passata in mano ad un altro gruppo, che ha assicurato che rimedierà agli errori ed alle lacune dei precedenti amministratori.

Certo, colpisce che, chi di competenza, non sia finora intervenuto su una questione così spinosa. Sembra una sorta di premio alla sincerità del vecchio gruppo. Nei punti vendita appare ancora a lettere cubitali la scritta “I tuoi mobili in 5 anni ad interessi zero”: spetta ai clienti, messa da parte l’ingenuità e la buona fede, darle la giusta interpretazione. Siamo in Italia, un Paese in cui ormai anche acquistare un divano può essere complicato, non c’è più alcuno spazio per la buona fede!

Anna Serrapelle- ilmegafono.org