Cari lettori,

come anticipato la settimana scorsa, anche quest′oggi l′argomento della rubrica sarà Caravaggio e, in particolare, i suoi epigoni.

Questi pittori, quando Caravaggio passò per Siracusa, cambiarono il loro modo di dipingere e cercarono di imitare l′inimitabile.

Grazie al suo passaggio, la Sicilia non fu privata dell′influenza della corrente artistica più importante del Seicento, il realismo caravaggista.

In questo secondo appuntamento aprirò le porte al patrimonio pittorico caravaggista, ignorato dai più, che è celato nelle chiese del centro storico di Siracusa, Ortigia e che, giorno dopo giorno, si degrada inesorabilmente.

Cominciamo la nostra passeggiata dalla chiesa del Carmine, posta nell′omonima piazza, su via Mirabella.

La struttura di questa chiesa, come la vediamo oggi, è il risultato della ricostruzione avvenuta dopo il terremoto del 1693 della precedente struttura trecentesca, di cui rimangono labili segni all′interno. Tra le opere che vi troviamo, sono fondamentali per la nostra trattazione la bella tela della Natività e quella rappresentante la fustigazione dei Santi Quattro Coronati. Queste due tele sono attribuibili al Minniti o alla sua bottega e, a parte le evidenti lacune, dovute alle deprecabili condizioni ambientali, ammiriamo una certa eleganza nella realizzazione delle forme e dei colpi di luce.

Oltre queste due tele, degne di nota sono: la bella tavola cinquecentesca con Madonna in trono col Bambino tra i Ss. Cosma e Damiano e il monumento funebre a Giovan Battista Bonanno di Camillo Camilliani.

Tutte queste opere denotano un ambiente culturale che acquistava le immagini sacre sia da artisti locali come il Minniti, ma anche a botteghe palermitane, come quella del Camilliani e da botteghe di altri centri marinari, come Napoli e Venezia.

Terminata la visita, ci dirigiamo verso la nostra prossima tappa.

Da Via Mirabella ci immettiamo su Via Vittorio Veneto, proseguiamo sulla destra e, dopo cento metri, ci troviamo di fronte alla Chiesa di San Filippo Neri, realizzata da Giovanni Vermexio nella prima metà del XVII secolo.

Questa chiesa, a pianta ellittica con il bel pavimento intarsiato in pietra pece, conserva tre tele di ispirazione caravaggista, la cui qualità artistica è dubbia. Attribuibili alla cerchia dei fratelli Reati, discepoli del Minniti, queste tele, seppur non degne di nota, a parte quella rappresentante il Martirio di Santa Lucia, sono sequestrate dentro una chiesa pernennemente chiusa ai fedeli ed ai turisti.

Una volta fuori dalla chiesa, semmai riuscirete ad entrarvi, imbocchiamo la prima traversa che incontriamo sulla destra, un vicolo tortuoso dove sentirete un buon odore di pane appena sfornato; alla fine di questa strada vi troverete in Via Gargallo. Andate a sinistra e percorrendo questa via costeggerete il prospetto di Palazzo Bellassai e il vecchio Palazzo di Giustizia fino ad arrivare allo slargo su cui sorge la Chiesa di San Francesco all′Immacolata, la cui facciata convessa rappresenta uno degli esempi più significativi del barocco siracusano.

Anche questa Chiesa vanta una tradizione più antica di quella barocca, come si evince dal portale trecentesco della sagrestia vecchia. I bei dipinti sul soffitto e nell′abside sono di Giuseppe Crestadoro. Ignoto è, invece, l′autore della splendida tavola cinquecentesca, di gusto nordico, rappresentante Cristo in Gloria tra gli Angeli, con la Madonna che riceve da San Francesco l′indulgenza Plenaria. Accanto al Santo riconosciamo Santa Sofia e Santa Lucia; la scena è ambientata a Siracusa come si nota dallo sfondo in cui si riconosce il Porto Grande.

Quel che più ci interessa però in questa chiesa è la splendida serie di Apostoli della scuola del Ribera, detto lo Spagnoletto, che aveva la sua bottega a Napoli.
Questa è l′unica serie al mondo di Apostoli a mezza figura che si conservi integra, anche se è probabile che manchi l′Ecce Homo.

Non è facile trovare dei paragoni. I tre Apostoli a mezza figura, dello stesso autore, conservati presso la Quadreria dei Girolamini di Napoli (San Pietro, San Paolo e San Giacomo Maggiore) rappresentano l′unico esempio paragonabile per qualità artistica. Un esempio magnifico di pittura del Seicento.

Lasciamo questa Chiesa per dirigerci verso il quartiere del Duomo dove affronteremo le nostre ultime tappe. Da Via Giudecca, che taglia l′antico quartiere ebraico da nord a sud, tra splendidi edifici di ogni epoca, giungiamo in Via Logoteta che ci mette in collegamento con Via Roma, l′antico cardine dell′assetto viario greco. Procedendo a sinistra, verso sud, giungiamo ad un cantonale cinquecentesco, ricordo dell′antico splendore di casa Sardo che ci guida in Via Capodieci, ove si trova il Museo Bellomo e la Chiesa di San Benedetto.

Il Museo Bellomo, ex Monastero di San Benedetto, ospita diverse opere degne di nota che passeremo in rassegna rapidamente.

Le opere che interessano la nostra trattazione sono quattro tele di Mario Minniti e una dei suoi discepoli, i fratelli Reati. Quelle del Minniti sono: il Martirio di Santa Lucia, forse la sua opera migliore, dinamica ma, al contempo, fredda e inespressiva, sebbene curata nei particolari e dinamica nel movimento delle vesti; e la bella Deposizione; il Miracolo di Sant′Orsola, del 1624, e il Miracolo di Santa Chiara sono invece opere che definirei, per le carenze compositive, da carretto siciliano, e cioè molto simili, per struttura compositiva, alle scene che decoravano i pannelli dei carri da lavoro e quindi, a nostro avviso, ingiustamente attribuite al Minniti. Quella dei fratelli Reati raffigura i SS. Crispino e Crispiniano e, come le precedenti, non risulta degna di valore prettamente artistico ma di importanza storica, in quanto testimone di un′epoca.

L′adiacente Chiesa di San Benedetto si mostra al visitatore offrendo una splendida facciata di ascendenza serliana, attribuita ad Andrea Vermexio (1619), e conserva, sull′altare maggiore, la tela del Minniti raffigurante la Morte di San Benedetto del 1625. Questo pittore siracusano raggiunge nella suddetta opera i massimi risultati ma, come nel resto della sua produzione, la luce, elemento fondante delle opere del suo maestro, è innaturale.

La nostra passeggiata si conclude qui. Speriamo che abbia suscitato in voi la voglia di godere delle ricchezze che circondano chi visita o vive la città di Siracusa.

Il patrimonio artistico é in primo luogo della popolazione che abita i centri storici!

Uscite e visitate! Godete della bellezza e della storia che vi circonda!

Angelo De Grande -ilmegafono.org