Pino Maniaci è ancora sotto tiro. La mafia non lo sopporta più e vive con irritazione la presenza di un giornalista dalla voce alta e la schiena dritta. Quell′uomo dal sarcasmo pungente, che ogni giorno svela nomi e cognomi, analizza vicende oscure, situazioni, attacca faccia a faccia il sistema di collusioni in cui mafia e politica si nutrono a vicenda, deve essere fermato. Questo è il messaggio inequivocabile che i clan hanno lanciato. Pino è stato avvisato, in maniera chiara. Non è la prima minaccia che riceve e che fa compagnia alle tante intimidazioni subite in questi anni: dall′incendio di un′autovettura della sua redazione al pestaggio da parte del figlio di un boss. A ciò si aggiunga poi la paradossale vicenda del rinvio a giudizio per esercizio abusivo della professione giornalistica, vicenda che fece insorgere e indignare le associazioni antimafia e la Fnsi e da cui per fortuna è stato assolto perché il fatto non sussisteva.
Insomma ne ha viste tante Pino e nonostante questo non ha mai perso il sorriso, né la voglia di informare, di far circolare la verità su ciò che avviene in Italia e in Sicilia, in particolar modo nel suo territorio. Pino Maniaci è il proprietario di TeleJato, emittente tv che da Partinico trasmette a tutta la Valle dello Jato, zona ad alta densità mafiosa comprendente comuni come Alcamo, San Giuseppe Jato, Cinisi, Corleone, Montelepre, ecc. Il suo telegiornale, visibile anche sul web, è un punto di riferimento per chiunque (media locali o nazionali, associazioni, studenti, semplici cittadini) voglia conoscere le dinamiche mafiose ed essere informato su quanto accade in proposito. Pino scava, raccoglie, indaga, si muove sul campo senza alcuna paura e poi comunica, rivela, denuncia, con sguardo sereno e voce ferma. Non ti risparmia mai una battuta, porta, ovunque va, l′allegria della libertà, di una vita vissuta con la fierezza di chi non si piega, di chi non rinuncia a se stesso.
I mafiosi lo avvisano, cercano di spaventarlo e lo fanno nel solito modo, mandando messaggi anonimi, nascondendosi come vermi che strisciano sotto la terra umida e stagnante. I mafiosi puzzano e quella puzza in tanti fingono di non sentirla, ma Pino ha fiuto, sente e costringe gli altri a sentire. Non ha bisogno di corsi di formazione, né di scuole di giornalismo, lui vive dentro la realtà dei fatti, con l′orgoglio di saperli raccontare, senza filtri, senza inutili moderazioni o schematismi. E di questo cosa nostra ha paura. Perché Pino informa davvero, ringhia, la sua voce è altissima. È un giornalista e non mancano occasioni, quando lo incontri, di sentirti ripetere quella frase con cui ha saputo spiegare esattamente, con un esempio semplice, cosa significhi esserlo. “Il giornalismo dovrebbe essere il cane da guardia del potere, purtroppo però io in giro vedo troppi chihuahua”.
La sua schiettezza, la capacità critica, la libertà, la non appartenenza a questo o quel colore politico fanno di Pino un punto di riferimento vero, concreto, affidabile, per tutti coloro che sulla lotta alla mafia non sono disposti a fare sconti o distinzioni di appartenenza. L′invettiva di Pino Maniaci non risparmia nessuno. Non importa se ad essere beccato è uno di una parte politica piuttosto che di un′altra: la mafia è mafia e non conosce gradazioni di colore. Cosa nostra si è stancata di vedere questo valido giornalista che quotidianamente la sfida, con ironia e al contempo con durezza. Telejato è solo una tv locale, che però è riuscita a diventare famosa in tutta Italia e oltre. Un punto fermo di chi fa informazione antimafia. Questo seguito, questa attenzione fanno male, perché smuovono mentalità, creano riflessione, sollecitano indignazione, mettono in crisi, dunque, il dominio culturale della mafia, rompono quel silenzio dentro a cui si muovono gli intrecci più sporchi.
La strategia dell′inabissamento pare sia giunta ad un punto di svolta. Il rischio è che i nuovi equilibri possano portare ad una ripresa del terrore e del piombo. Ed allora chi è in prima linea da anni è il più esposto e Pino è tra questi. Per tale ragione le ultime intimidazioni, che parlano di “sentenza già emessa” ci fanno venire i brividi. Lui ha subito annunciato che non si fermerà, che non arretrerà un attimo, ma a questo punto è giunto il momento di dare a Pino la protezione di cui necessita. Non può più girare da solo nei luoghi in cui combatte. Deve essere tutelato, difeso, perché è un patrimonio del giornalismo e della società civile, è uno dei simboli della Sicilia che non si arrende. Non bastano le dichiarazioni di solidarietà che in tanti gli abbiamo dedicato nei giorni scorsi. Sono importanti, affinché lui sappia, ancora una volta, di non essere solo, ma non sono sufficienti.
Non basta nemmeno la manifestazione organizzata in suo sostegno, in programma il 28 novembre a Partinico. Sono piccoli segnali, sicuramente necessari, ma non risolutivi. Adesso è lo Stato che deve dare un segnale chiaro, mettendolo in condizione di lavorare serenamente. Tocca poi ai colleghi ed a tutti coloro che dicono di essere al servizio della collettività stringersi attorno a lui. Questo è il momento di dire chiaramente da che parte si sta. Perché la solitudine di un uomo che combatte apertamente contro un sistema non decreta solo la vittoria della mafia, ma determina soprattutto la sconfitta della giustizia e della verità.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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